Politica

I migliori danni della nostra vita in scena con Marco Travaglio. Dal «meno peggio» Trump al futuro del M5s: «Il voto libero sale e scende rapido in base all’offerta»

I migliori danni della nostra vita. Più simile al vecchio film del 1946 – con i suoi drammi – che al noto brano di Renato Zero, dai quali mutua il titolo, Marco Travaglio torna in scena con il suo spettacolo, oggi venerdì 22 novembre, al Teatro Metropolitan di Catania, unica data siciliana del giornalista e direttore de Il Fatto Quotidiano. Un’analisi che parte dalle questioni interne, raccontando gli ultimi cinque anni di politica italiana – con i «poteri marci della politica, della finanza e della sottostante informazione, che hanno ribaltato il voto degli italiani», portando alla «restaurazione» – per arrivare ai danni d’importazione internazionale, con «i falchi europei e gli Stati Uniti, che ci trascinano regolarmente in guerra contro i nostri interessi a suon di bugie». Questo spettacolo – che è la versione aggiornata di quello con cui Travaglio è stato in tournée qualche anno fa – punta a rinfrescare la memoria sugli eventi recenti e mostra il suo modo di leggere il presente e, in qualche modo, anche il futuro. Del quale a MeridioNews abbiamo discusso con lui.

Travaglio, cosa cambia ora che alla guida degli Stati Uniti d’America ci sarà (di nuovo) Donald Trump?
«Durante la campagna elettorale americana ho sempre pensato che Donald Trump fosse la peggiore sciagura… dopo Kamala Harris. I danni sono quelli che fanno i guerrafondai Democratici in Ucraina, fomentando e allungando la guerra fino a spingere gli ucraini a bombardare in territorio russo. Questo ci dice che con una vittoria della Harris sarebbe stata garantita al cento per cento una continuità con Joe Biden. Trump appartiene a un’altra parrocchia. Comunque questi sono fatti degli americani che l’hanno votato, a me non cambia niente. Mi cambia cosa fa a casa nostra. Sul pericolo di una guerra nucleare, Trump dice che la vuole evitare, quindi lui è il peggio… dopo Harris. Da italiano e da europeo mi auguro un congelamento del fronte in Ucraina: se lo congela, viva Trump; se no è un altro bugiardo. Durante il suo primo mandato ha fatto un accordo con la Corea del Nord e uno con i talebani: sono stati accordi positivi, perché hanno chiuso due guerre. Lui è un uomo d’affari. Bisogna prendere quello che arriva, visto che dall’altra parte c’è un partito di pazzi che scatenano guerre per insegnare ai popoli come votare».

Alcuni hanno detto che il governo Meloni ha avuto un atteggiamento supino nei confronti dell’amministrazione Biden: è d’accordo? Se sì, sarà lo stesso anche con Trump?
«Io credo che un premier che ha avuto un bacino in testa non l’avevamo mai visto: Giorgia Meloni invece l’ha avuto e gliel’ha dato Biden. Meloni ha visto che fine ha fatto Conte dopo aver detto qualche no a Biden: appena sono arrivati i Democratici, Conte è saltato. Meloni ha tradito le radici multipolari della destra. La questione delle affinità ideologiche e dell’internazionale sovranista sono tutte minchiate: lei fa quello che le dicono, Biden o Trump che sia. Biden non sa manco che differenza c’è tra Zelensky e Putin; e a Trump non importa se l’Europa non finanzia l’Ucraina. Se in Europa, al contrario, sono talmente coglioni da finanziare una guerra che gli Stati Uniti preparavano da trent’anni contro la Russia e contro l’Europa stessa per separarla… Non vedo comunque grandi leader europei che godono di consenso popolare: Macron è stato bocciato, Scholz bocciato, Sunak pure, Trudeau pure. Invece il tema pace-guerra è un argomento che interessa alle persone».

A proposito di consenso popolare, il Movimento 5 stelle come sta?
«Vedremo cosa uscirà dai loro Stati generali, che stanno facendo proprio per ridarsi regole, unità e parole programmatiche. La crisi dei 5 stelle è iniziata con l’ingresso nel governo Draghi, decisa da Beppe Grillo, che così ha ucciso il Movimento. In quell’esecutivo il M5s è stato al governo anche con Berlusconi, che Grillo chiamava lo psiconano. E sempre Grillo era quello che diceva che non bisognava fare le alleanze con nessuno. Ai 5 stelle serve insomma una rigenerazione e una traversata nel deserto. Grillo si è messo a fischiettare».

E se invece far parte del governo Draghi fosse stata la sveglia che ha fatto evitare una morte più lenta?
«No, assolutamente: il governo Draghi è stata una narcosi. Se il Movimento 5 stelle fosse rimasto all’opposizione, avrebbero capitalizzato i voti e il malcontento delle persone. La spinta propulsiva non viene dall’andare in piazza a gridare, ma dal fare le cose, e loro hanno realizzato gran parte del programma presentato per le elezioni politiche del 2018. Non ho mai visto un partito che ha realizzato così tante cose tra quelle promesse».

Ecco, i 5 stelle hanno realizzato quasi tutte le cose che volevano fare: il Reddito di cittadinanza, la Spazzacorrotti, il taglio dei parlamentari, il decreto dignità. Perché li si dovrebbe votare ancora?
«Perché poi alcune di queste cose sono state demolite. Serve un nuovo sforzo per rifare il Reddito di cittadinanza e servono investimenti pubblici come il Superbonus 110%, perché nell’inutile ponte sullo Stretto i soldi verrebbero buttati, creando poca occupazione. La Spazzacorrotti la stanno demolendo un po’ la riforma Cartabia e un po’ Nordio, e invece va ripristinata. E dev’essere fatta una battaglia contro chi non vuole le intercettazioni. Servono, poi, nuove bandiere. Magari la pace e l’ambiente torneranno di moda, ma parlo di quell’ambientalismo che va oltre le ideologie. Di base, i 5stelle sono un fenomeno carsico, che viene fuori e trae forza dove mancano gli altri. Si devono quindi fare trovare pronti, con schemi diversi da quelli dei vecchi partiti e con linguaggi populisti oltre che popolari, anche sovranisti. Alle elezioni amministrative ci sono le praterie. Prendiamo la Lega: era al quattro per cento dopo gli scandali, poi è arrivata al 40. Il voto è estremamente fluido, le condizioni cambiano rapidissimamente, per via dei social e per la fluidità del consenso e del dissenso. Dubito che gli italiani siano soddisfatti di questa destra e di questo Pd. Sta andando a votare solo chi è soddisfatto, chi va per abitudine e per senso del dovere; e poi c’è chi lo fa per voto di scambio, perché ha ricevuto favori da amministrazioni locali. Ma i 5 stelle questo tipo di voto non ce l’hanno: il loro è un voto di libera opinione, che sale e scende in base all’offerta che sapranno presentare. Per questo serve un Movimento più autonomo e indipendente».

Quindi cosa dovrebbe fare?
«Nessuna alleanza strutturale né matrimoni. Devono andare con la loro identità e decidere caso per caso se e con chi fare le alleanze. La destra sta distruggendo quello che hanno fatto loro e anche i fondamenti dello Stato di diritto. Ma manco col Pd andrei, se è renziano e guerrafondaio. E mai dichiararsi di sinistra, quello è un errore: si tratta di ideologie vecchie e decrepite. All’elettorato che dev’essere recuperato non interessa questo. E, a differenza degli altri, i 5 stelle possono stare all’opposizione senza morire».

Ma se i 5stelle non stanno col Pd e con Alleanza Verdi e Sinistra vince la destra e resta al governo.
«No, è una sciocchezza. Negli ultimi governi la Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia sono stati in posizioni diverse, poi prima delle elezioni si sono messi insieme e hanno fatto la coalizione. Non c’è nessuna ragione per cui ci si debba alleare all’opposizione. I 5 stelle si oppongono alle politiche di guerra, mentre il Pd no; i 5stelle sono per il salario minimo, invece Renzi è contro e il Pd l’ha scoperto ora; i 5 stelle hanno voluto il Reddito di cittadinanza, che il Pd non ha votato. Ci si allea per i governi, non per struttura. Al momento di fare il governo si fa un contratto, una coalizione con scopi e obiettivi precisi».

Grazie…
«Un attimo, ci tengo a dire una cosa: abbiamo parlato di cose importanti e serie, ma lo spettacolo fa anche ridere, eh. È un modo satirico per parlare di cose molto serie, come la guerra e la politica».

Mauro Gemma

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