Catania book festival da record con 12mila visitatori. «Tanta fatica ma il successo rincuora»

«Abbiamo faticato ma sempre con i nostri sorrisi e grandi soddisfazioni. I numeri ci danno ragione. Il Catania Book Festival è ulteriormente cresciuto». Simone Dei Pieri, ideatore e direttore del Catania Book Festival si dichiara «realmente soddisfatto» della quarta edizione che si è tenuta a Le Ciminiere dal 5 al 7 maggio ospitando 12mila visitatori nelle tre giornate di Fiera internazionale del libro e della cultura. 

I numeri 
I 160 eventi proposti sono stati frequentati da persone di tutte le età, così come gli stand e le varie aree all’aperto. Il boom di studenti delle scuole provenienti in bus da tutta la Sicilia, si è registrato tra venerdì e sabato. Gli eventi più partecipati in assoluto con un vero bagno di pubblico, sono stati lo Strega Tour del venerdì e lo spettacolo di Stefano Rapone, comico, autore e personaggio televisivo, fumettista italiano, che domenica sera ha tenuto la sua stand up comedy nell’ambito della rassegna proposta da Friccicore, a chiusura del Festival; mentre il maggior flusso di visitatori si è registrato sabato sera. Sono stati circa 700 i partecipanti a laboratori e workshop tenutisi al chiuso e all’aperto. E sono stati centinaia gli ingressi ai musei de Le Ciminiere integrati nel biglietto. 

«Un successo che ci rincuora. Vogliamo fare sempre meglio»
«La verità è che gli eventi culturali che mettono al centro i libri e le storie sono graditi da cittadine e cittadini di tutte le età – continua Dei Pieri – Non è facile organizzare eventi di questa portata, ma i risultati ci rincuorano e siamo decisi a fare sempre meglio, perché c’è ancora molta strada da fare. Ospitare la prima uscita nazionale dello Strega Tour in Sicilia, proprio nella nostra città, ci ha inorgoglito. Ma eravamo felici, di una felicità vera, quando assistevamo anche alle sessioni di yoga letterario o ai laboratori per bambini o quando si brindava con i cocktail ispirati ai grandi autori che sono stati ideati dai nostri sponsor. È un regalo che noi giovani stiamo facendo a noi stessi e alla città».

Il resoconto dell’ultima giornata del Festival 
La terza e ultima giornata del festival si è distinta anche per il racconto di storie coraggiose o forse, più semplicemente, di uomini e donne che esprimono con forza la propria umanità senza schermi. È il caso di Elena Di Cioccio, attrice e conduttrice, che ha chiuso il calendario di incontri previsti per domenica presentando il suo libro Cattivo sangue (Vallardi) e ricevendo un commosso abbraccio dal pubblico di tutte le età. Dopo il recente coming out televisivo, l’artista ha raccontato con grande trasparenza i suoi passaggi biografici più dolorosi e importanti: dalla diagnosi di sieropositività nel 2002 ai rapporti amorosi tossici, alla tragica fine della madre. Ma anche la sua grande voglia di raccontarsi per come è nella realtà e di trasmettere la sua grande passione di vita.

«Quando mi hanno comunicato di essere sieropositiva eravamo appena usciti dagli anni Novanta; era morto da poco Freddie Mercury, e ci si sentiva parte di un gruppo ristretto di persone che dovevano nascondere la propria condizione – ha detto Di Cioccio – Ma ancora oggi il problema è che la comunicazione sull’Hiv è ferma all’alone viola delle pubblicità di allora. Sì, è un virus che si trasmette, ma c’è una cura e non siamo più contagiosi. E il virus non definisce una categoria  di donne e uomini». L’attrice ha raccontato delle ondate di affetto e solidarietà arrivate dal pubblico, ma soprattutto dei messaggi di altre persone che non hanno avuto il coraggio di fare coming out.

Anche lo scrittore Matteo Bianchi, presentando il suo romanzo La vita di chi resta (Mondadori), ha raccolto la commozione del pubblico del festival al quale ha affidato il ricordo di quanto vissuto 25 anni fa, quando ha scoperto che il suo compagno, S., con cui aveva convissuto sette anni, si era tolto la vita. Nei mesi che seguono la tragedia, Matteo ha poi scoperto che quelli come lui, parenti o compagni di suicidi, vengono definiti «sopravvissuti». Il festival ha dato spazio alla voglia di imparare le lingue straniere grazie ai social con 2-Minute English e all’incontro con la sua autrice, l’influencer Norma Cerletti: «Questo libro è un po’ come la settimana enigmistica che va tenuta in bagno. Non si può non avere il tempo di leggerlo – dice, tra il divertimento del pubblico di ogni età – il testo si basa su un’idea nata quando ho lanciato la mia pagina su Instagram. Ogni giorno facevo una mini lezione e nel fine settimana organizzavo un quiz. È stato per me normale trasferire questo formato su carta, ed è anche più facile tenere traccia dei progressi con la lingua. La mia missione è rendere l’inglese parte della vita delle persone. È importante praticarlo tutti i giorni, un po’ come la palestra. La costanza è fondamentale per l’apprendimento della lingua».

Il pubblico ha risposto con entusiasmo anche quando si parla e scrive di musica e di storie come nell’incontro dedicato a Rottocalco (vol.2) Lupo Mannaro con Romina Falconi che dice: «Diventi schiavo del copione della tua vita, ti convinci che non solo l’amore non sia scontato, ma anche che non fa per te. Lupo Mannaro è una persona che a un certo punto perde la speranza. Anche a me è capitato di tornare a casa, levare la maschera e vedere il vuoto. Nel mondo del pop non se ne parla, ma esiste. Io volevo descriverlo, insieme al fatto che il mondo ti vuole sempre positivo. Il nostro corpo è una cassa di risonanza, bisogna ascoltarlo». Tra gli ospiti siciliani dell’ultima giornata del Catania Book Festival c’erano anche le scrittrici Lorena Spampinato, autrice di Piccole cose connesse al peccato (Feltrinelli) e Costanza DiQuattro che firma Arrocco siciliano (Baldini e Castoldi). Lorena Spampinato consegna la voce del suo romanzo alla protagonista Annina, la più piccola, la meno appariscente, tra tutte le ragazze scelte come personaggi. Il racconto è quello di una vacanza che segna un tragico spartiacque. L’autrice catanese sostiene che «i libri si respirano a vicenda, chi scrive respira in qualche modo la stessa aria. Credo nella frase: è già stato scritto tutto. Nelle storie noi non cerchiamo la trama, ma un archetipo di qualcosa: della paura, dello stupore. In un mondo che continua a dividere, i libri sono ancora qualcosa che avvicina le persone. Ci dimostrano quanto l’esperienza sia vasta, quanto siamo diversi ma continuiamo a rivederci nelle stesse cose. E poi c’è qualcosa che lega le penne di questa terra».  


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