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Catania archeologica, la galleria degli orrori Deposito di arrusti e mancia sulla necropoli
Sedie e ombrelloni degli arrusti e mancia serali conservati accanto a un sepolcro romano. Che nessuno, almeno negli ultimi anni, ha mai visto davvero con i suoi occhi. Nemmeno la sovrintendenza ai Beni culturali di Catania. Quella di via Antico Corso al civico 5, quasi all’angolo con via Plebiscito, è solo una delle occasioni archeologiche sprecate dal capoluogo etneo. Tra beni di cui rimane traccia solo negli studi dei decenni e a volte dei secoli passati e strutture antiche diventate private di fatto. Sullo sfondo di una città che non si cura dei suoi tesori.
Come le necropoli, che a Catania sembrano abbondare, tanto da perderne la memoria. Fino a quando, nel 2011, una segnalazione anonima non fa sapere al Parco archeologico greco romano cittadino dell’utilizzo abusivo di un ambiente all’interno del quale venne rinvenuto in passato un sepolcro antico. Un caso non nuovo alla Sovrintendenza etnea che già nel 1998 aveva effettuato un sopralluogo, il cui esito però non è riportato in nessun documento ufficiale.
La vicenda comincia negli anni ’50, in una città in pieno sviluppo urbanistico, quando nella zona dell’Antico Corso si decide di sacrificare le necropoli ritrovate durante i lavori per l’edificazione delle case popolari. Tutte tranne una – quella segnalata dall’anonimo cittadino – che ancora oggi dovrebbe trovarsi in un locale di proprietà dell’ex Istituto autonomo case popolari di Catania. Il condizionale è d’obbligo, considerato che – anche dopo la segnalazione e la successiva denuncia formale della sovrintendenza ai Carabinieri – nessuno è mai riuscito a entrare per controllare lo stato del bene. E dall’Iacp non è mai arrivata alcuna comunicazione.
A fingersi turisti, passando per via Antico Corso e soffermandosi al numero civico 5, davanti a una saracinesca chiusa e malandata, si guadagna l’occhiata sospetta delle sentinelle della zona. Inutile chiedere di quei resti archeologici letti di sfuggita su un libro, perché «ca nenti c’è». Non c’è niente. Almeno per cittadini e turisti, così come in tante altre zone della città. Una galleria degli orrori che prosegue nei prossimi giorni su CTzen.