Il 25esimo rapporto annuale dell'associazione ambientalista ha messo nero su bianco un dato inquietante: il capoluogo etneo, secondo i sei parametri selezionati, fa peggio di tutte le altre città d'Italia. Colpa anche dei rifiuti
Catania all’ultimo posto per «l’ecosistema urbano» La fotografia impietosa nel rapporto di Legambiente
Secondo il 25esimo rapporto annuale di Legambiente sull’ecosistema urbano dei capoluoghi italiani, presentato stamani a Milano e pubblicato online lo scorso 25 ottobre, Catania è la peggiore città d’Italia per le performance ambientali con un punteggio di 30,88 che le vale l’ultimo posto in classifica. La migliore è Mantova, a cui seguono Parma e Bolzano, tutte e tre ampiamente al di sopra dei 70 punti. Le prime città del Sud sono Benevento e Catanzaro, rispettivamente in 40esima e 42esima posizione. Il report è stato stilato da Legambiente in collaborazione con Il sole 24 ore, l’Istituto di ricerche ambiente Italia e l’Ispra. La classifica delle performance ambientali tiene conto dei risultati qualitativi ottenuti dai vari capoluoghi in 17 indicatori che coprono sei principali aree tematiche: aria, acqua, rifiuti, mobilità, ambiente urbano ed energia.
In generale in tutta Italia si registrano miglioramenti sul fronte delle buone pratiche di gestione dei rifiuti e di economia circolare. Altri indici restano stabili in assenza di politiche coraggiose e investimenti adeguati «ancora troppo ancorati alle iniziative spot del ministro di turno o alla buona volontà del sindaco visionario». I progressi principali si registrano a Milano, da tempo soggetta all’attuazione di una «lungimirante trasformazione dell’ecosistema urbano». Nella prima edizione del report risalente al 1994, il capoluogo lombardo occupava nella classifica generale la penultima posizione (faceva peggio solo Napoli, che prosegue il trend negativo) mentre adesso è salita alla 23esima. Roma è discesa vertiginosamente dopo il 2010, poiché fino al primo decennio del nuovo millennio occupava un posto nel gruppo delle prime trenta. Lo stesso discorso vale per Torino, addirittura quarta nel 1998 e nel 1999, per poi ritrovarsi da oltre dieci anni abbondantemente sotto la sufficienza.
Per quanto riguarda Catania, la situazione è piuttosto negativa a partire dalla qualità dell’aria, classificata nel report come «insufficiente»: sulla base della normativa comunitaria la provincia etnea supera determinati limiti imposti in parametri riguardanti le polveri sottili, il nitrato e l’ozono. Da segnalare in positivo Reggio Calabria, dove si registra una qualità dell’aria ottima che rispetta tutti i valori guida dell’Oms (più restrittivi rispetto a quelli comunitari).
La dispersione della rete idrica è un’altra pecca del capoluogo etneo, dato che oltre il 35 per cento dell’acqua potabile che dalla fonte arriva al rubinetto risulta sprecata, nonostante un’inversione di tendenza in positivo rispetto al 2012. In ogni caso urge in tutta Italia una manutenzione alle infrastrutture idriche poiché il 60 per cento di esse è stato messo in posa 30 anni fa e il 25 per cento ha più di mezzo secolo di vita. Inoltre, benché nella Penisola la situazione in merito alla qualità della raccolta differenziata sia migliorata, permangono aree inefficienti: proprio a Catania la gestione dei rifiuti è stata classificata come «scarsa» in quanto si è al di sotto del target del 35 per cento di differenziazione fissato dalla normativa.
La nota positiva è in relazione alla mobilità, poiché sebbene Catania non sia tra le città che presentano un elevato tasso di spostamenti mediante mezzi pubblici o bicicletta (in Italia oltre il 65 per cento dei cittadini si muove in auto), il 36 per cento degli spostamenti è a zero emissioni. Ciò potrebbe anche essere dovuto al fatto che la provincia etnea è tra le città europee una dove si hanno tempi d’attesa record alla fermata dell’autobus con una media di ben 23 minuti, alla pari con Palermo.