L’ospedale Papardo trasformato in agenzia di collocamento dall’ex deputato leghista: «Io non sto giocando»

L’ospedale Papardo di Messina sarebbe stato trasformato in un’agenzia di collocamento privata usata per fini politici. Con l’accusa di tentata corruzione e concussione lunedì sono stati arrestati l’ex deputato all’Ars Antonio Catalfamo (eletto con Fratelli d’Italia e poi traghettato alla Lega) e la dirigente medica Francesca Paratore che, per la giudice per le indagini preliminari Tiziana Leanza, sarebbe stata la sua longa manus all’interno della struttura ospedaliera. Sono tre gli episodi ricostruiti nel corso delle investigazioni nei quali i due avrebbero costretto i vertici amministrativi a prendere delle decisioni per averne un ritorno pubblico o privato. C’è il caso dell’impegno per l’assunzione di un consigliere della V circoscrizione di Messina nella ditta del servizio di pulizie dell’ospedale; la vicenda di un concorso pubblico per una borsa di studio in esperto in comunicazione da appattare a un uomo che in cambio farà anche da addetto stampa al deputato; e, infine, l’episodio di una avvocata a cui fare avere un incarico legale per un cambio di casacca da assessora nella stessa giunta in cui siede il padre di Catalfamo.

Una promessa di assunzione e la minaccia di ritorsioni di carattere politico. L’impegno di Catalfamo sarebbe stato per un consigliere della V circoscrizione di Messina eletto nelle fila di Forza Italia ma in procinto di transitare alla Lega. A lui, stando alla ricostruzione, sarebbe spettato un posto nella ditta che si occupa del servizio di pulizie dell’ospedale. L’alternativa? Continue interrogazioni all’Ars sul nosocomio. Ipotesi, quest’ultima, che si rivela, però, un percorso a ostacoli tanto che Catalfamo, a un certo punto, avrebbe deciso di prendere in mano la situazione, preoccupato di fare «una figura di merda che metà basta». Così l’ex deputato si sarebbe recato al Papardo perché «siccome io le loro priorità le attenziono sempre – faceva notare il deputato a Paratore in un dialogo telefonico che non pensava fosse intercettato – quando ci sono delle priorità loro le devono attenzionare, altrimenti cambiamo sistema». Un contratto part-time non sarebbe bastato. Catalfamo e il suo uomo ambivano, secondo gli inquirenti, a qualcosa in più perché è inaccettabile un «trattamento economico da negro», diceva il deputato della Lega. Intanto i tempi si dilatavano e, tra un rimpallo e l’altro, da Natale si arrivò a Pasqua. «Forse questi signori pensano che io gioco. Si sbagliano di grosso […] Se loro mi creano problemi, li comincio a caricare di un’interrogazione al giorno. Posso avere un atteggiamento amichevole, posso avere pure un atteggiamento che con il Papardo faccio campagna elettorale», si legge nell’ordinanza.

Nel pieno della lunga attesa Catalfamo avrebbe informato Paratore di essere intenzionato a recarsi al Papardo per dare «una spinta emotiva» e sollecitare la questione. A scoraggiarlo riuscì solo il Covid e le tante persone risultate positive all’interno della struttura. Eppure, il deputato non avrebbe perso l’ironia. «Ricordo a me stesso che dovrebbe venire il maxi imprenditore, il cervellone, quello che ha i poteri decisionali da cui dipendono le sorti del Paese», scriveva a Paratore parlando dell’imprenditore della ditta di pulizie che avrebbe dovuto decidere sull’assunzione. La situazione però non si sarebbe sbloccata tra assunzioni bloccate, riunioni sindacali di mezzo e un continuo scaricabarile: «Se lui dà uno schiaffo a me, io a quattro a quattro gli rompo il culo». Poi, però, il deputato avrebbe optato per una via più conciliante che passava per una serie di messaggi su WhatsApp con il direttore generale. «La strada è stata contorta e necessita correggerla. Farò sempre ciò che posso o devo». Catalfamo rispondeva con due emoji col bacino. Ora però c’è ancora un ostacolo da superare: «Lui (il consigliere, ndr) mi deve fare il passaggio (alla Lega da Fratelli d’Italia, ndr) altrimenti contratto non ne firma».

Stessa presunta merce di scambio anche con l’avvocata Angelita Pino (indagata) che, all’epoca, era consigliera comunale e assessora a Barcellona Pozzo di Gotto. La cittadina del Messinese dove anche il padre del deputato siede in giunta, pur se in bilico perché il sindaco sembrava intenzionato a defenestrarlo. Così, per dargli forza, Catalfamo avrebbe chiesto all’avvocata di iscriversi al movimento politico Prima il territorio. In cambio, secondo le accuse, la promessa di un incarico legale da 15mila euro al Papardo. Un accordo che alla fine sfumò per questioni di sfiducia reciproca. «Non vorrei fare nessun passaggio se prima non ho qualche riscontro concreto perché, negli ultimi anni, ho preso talmente tante di quelle delusioni che sinceramente…», lamentava la legale, intenzionata a non fare un salto nel buio. Catalfamo non la prendeva bene e provava con il padre il discorso da fare all’avvocata: «Tu mi stai dicendo che non hai fiducia in noi, che in nessun modo ci stai dando una mano di fronte a un momento politico di difficoltà, spiegami perché io dovrei avere fiducia in te». Il presunto accordo però non si sarebbe chiuso e Catalfamo avrebbe cominciato a guardarsi intorno per individuare il possibile beneficiario di quel posto, tanto «non è che lei sia unica e insostituibile nell’universo», diceva intercettato.

Un universo di cui fa parte anche l’altro uomo finito indagato, il giornalista Santi Cautela. Attualmente addetto stampa dell’ospedale Papardo dopo essere risultato assegnatario di un concorso pubblico per una borsa di studio da 16mila euro l’anno come esperto in comunicazione. Esperto al punto che anche Catalfamo, in cambio, lo vuole per curare la propria e quella del gruppo parlamentare all’Ars Lega Sicilia per Salvini premier. Dalla redazione alla pubblicazione del bando fino alla composizione della commissione. A tutto, per i pm, avrebbero pensato per favorirlo il deputato e la dirigente medica. Paratore lo avrebbe anche incontrato, all’uscita del casello autostradale di Milazzo (nel Messinese) per consegnargli in anticipo tutta la documentazione sugli argomenti della prova orale. Sforzi che, in un momento, rischiano di diventare vani: Cautela infatti avrebbe comunicato l’intenzione di non partecipare più facendo infuriare la dirigente che avrebbe dovuto aprire le porte a un candidato non gradito. Anche Catalfamo non faceva mistero di essere arrabbiato al punto di essere «fuori dalla grazia di Dio». A rimettere a posto le cose un incontro tra i tre sempre a una casello autostradale, questa volta quello di Barcellona Pozzo di Gotto. Alla fine, il giornalista al colloquio si presenta e, come non manca di sottolineare Paratore, «la commissione lo ha trattato con i guanti».


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