«L’ho incontrato due giorni fa e gli ho chiesto “perché non ti ritiri e te ne vai in pensione?“». Parole sconsolate quelle pronunciate dal collega di una delle vittime della strage sul lavoro di Casteldaccia, morte avvelenate mentre effettuavano dei lavori di manutenzione all’impianto di sollevamento delle acque reflue. I colleghi sono arrivati sul posto […]
Casteldaccia, i contorni di una strage evitabile
«L’ho incontrato due giorni fa e gli ho chiesto “perché non ti ritiri e te ne vai in pensione?“». Parole sconsolate quelle pronunciate dal collega di una delle vittime della strage sul lavoro di Casteldaccia, morte avvelenate mentre effettuavano dei lavori di manutenzione all’impianto di sollevamento delle acque reflue. I colleghi sono arrivati sul posto appena hanno potuto e sono rimasti finché il sole non è calato e anche oltre. Un incidente, se così si può chiamare, «l’ennesima strage evitabile», per citare le parole spese dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella. E forse per evitarla sarebbe bastato utilizzare i dispositivi di protezione personale, che pare le vittime non avessero indosso al momento della discesa nel pozzetto, che si trova a oltre sei metri sotto il livello della strada e che era invaso da idrogeno solforato, un gas letale che si produce di frequente nelle fogne in mancanza di ossigeno e che in quel pozzetto di Casteldaccia pare raggiungesse una concentrazione di dieci volte superiore ai valori di norma.
A fare chiarezza su quanto accaduto e sulle eventuali responsabilità ci penserà la magistratura di Termini Imerese, che ha aperto un fascicolo e ha iniziato le indagini che sono partite dagli uffici della Quadrifoglio, l’azienda che aveva preso l’appalto dei lavori da Amap, la municipalizzata per la gestione delle acque del Comune di Palermo. Proprio su indicazione della procura gli agenti della squadra mobile hanno acquisito tutte le documentazioni sui lavori, che andavano avanti dal 29 aprile scorso, dopo una segnalazione per malfunzionamento dell’impianto fognario. Probabilmente per i forti odori che si sentono tuttora in prossimità delle abitazioni in quel tratto di strada non lontano dal mare e costellato di case vacanze.
Delle cinque vittime quattro erano dipendenti della Quadrifoglio, tra loro anche uno dei titolari, Epifanio Alzsazia, di 71 anni, di Partinico come Ignazio Giordano, che di anni ne aveva 57. Erano invece di San Cipirello e Alcamo Giuseppe Miraglia, 47 anni e Roberto Raneri, di 51. Altri tre operai della Quadrifoglio sono in ospedale: Domenico Viola, l’ultimo a entrare all’interno dell’impianto, le cui condizioni sono gravissime, intubato nel reparto di Rianimazione dell’ospedale Civico di Palermo, Paolo Sciortino, intossicato in maniera più lieve e Giovanni Scavuzzo. Aveva appena 28 anni invece la quinta vittima, il lavoratore interinale dell’Amap, Giuseppe La Barbera, originario di Ballarò, una moglie e due figli piccoli a casa, mentre non destano preoccupazioni le condizioni dell’altro interinale della municipalizzata palermitana, Giovanni D’Aleo.