Caso Scirè, condannata la commissione del concorso Una lettera del ministero chiede chiarimenti a Unict

Un concorso da ricercatore universitario a tempo determinato, svolto nel 2011, che otto anni dopo ha un suo parziale epilogo nella aule di giustizia. Perché nella vicenda di Giambattista Scirè, lo storico originario di Vittoria finito scavalcato nella graduatoria per un posto da ricercatore di Storia contemporanea alla sede di Ragusa dell’allora facoltà di Lingue dell’ateneo catanese, c’è un nuovo punto di non ritorno. La condanna di primo grado, combinata dai giudici della terza sezione penale del tribunale etneo, nei confronti dei membri della commissione. A essere ritenuti colpevoli di abuso d’ufficio in concorso, con pena di un anno, sono stati il presidente Simone Neri Serneri, dell’università di Siena, Luigi Masella, dell’ateneo di Bari, e Alessandra Staderini, dell’università di Firenze. 

La corte, presieduta da Maria Pia Urso, con a latere Consuelo Corrao e Barbara Rapisarda, ha disposto anche il risarcimento danni e l’interdizione dai pubblici uffici dei membri della commissione. «Questa sentenza – commenta Scirè a MeridioNews deve servire da monito per il futuro, perché fatti come questi non accadano più. Anche se – aggiunge – a livello personale rappresenta una vittoria ma fino a un certo punto». Di sicuro c’è che la vicenda non si chiuderà così. Da un lato, potrebbe esserci il ricorso in appello – per il deposito delle motivazioni bisognerà attendere 30 giorni – dall’altro, lo studioso è intenzionato a chiedere un risarcimento danni. «Perché da quel giorno la mia vita è cambiata – spiega – finendo isolato ed emarginato».

Perché questa vicenda ha già messo in fila tanti pezzi di un puzzle decisamente complesso. Su tutti, quelli relativi al fronte della giustizia amministrativa. Con il tribunale competente che si esprime per la prima volta nel 2012. Anno in cui ordina all’ateneo di riconvocare la commissione per una nuova valutazione. L’esito, però, rimane lo stesso. Due anni dopo, la terza sezione del tribunale amministrativo regionale sposa la tesi del ricorso di Scirè. Indicando come la vincitrice del posto, Melania Nucifora, non avrebbe avuto i titoli per ottenere quel contratto a tempo determinato all’interno dell’Università. Un concorso bollato come illegittimo che, di conseguenza, avrebbe dovuto portare alla chiamata dietro la cattedra di Scirè. Anche perché, poco dopo, pure il Consiglio di giustizia amministrativa, analizzato il ricorso in appello della vincitrice, conferma la tesi dello studioso arrivato secondo in graduatoria. «La mia è stata una battaglia dura, da solo contro tutti», continua. 

Si arriva così alle aule di piazza Giovanni Verga. Con un’inchiesta affidata ai magistrati Fabio Regolo e Monia Di Marco. In cui si evidenziano anche i rapporti in conflitto di interesse tra la candidata vincitrice e il presidente di commissione Neri Sernei. «In particolare la presenza di entrambi nel comitato scientifico dell’Aisu (Associazione italiana di storia urbana) – puntualizza Scirè – diversi saggi della candidata contenuti in volumi del presidente, il volume dello stesso inserito nel programma di esame per il corso da lei tenuto in Storia dell’architettura». 

Durante il processo nelle aule del palazzo di giustizia sono stati sentiti anche diversi professori universitari. In tanti, come spiega lo stesso Scirè, «avevano messo in guardia il mondo accademico per quanto successo». All’appello però non si è mai presentato l’ateneo, che ha scelto di non costituirsi parte offesa. E sul punto c’è anche il recente interessamento del vice ministero dell’Istruzione Lorenzo Fioramonti. In una lettera, inviata al rettore Francesco Basile, l’esponente del Movimento 5 stelle si sofferma sue due punti precisi: «La mancata costituzione nel processo come parte offesa e la mancata esecuzione delle sentenze amministrative del 2014 e del 2015». «Questa memorabile sentenza dimostra una cosa: – conclude Scirè – abbiate il coraggio di denunciare, amministrativamente e penalmente, quando la verità dei fatti dimostra che avete subito un’ingiustizia. Forse pagherete con l’isolamento, fino a perdere il posto di lavoro come è accaduto a me, sarete bersagliati e perfino calunniati. Ma siate sempre determinati e non arrendetevi mai, perché la speranza deve essere l’ultima a morire».


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