Sarà la magistratura ordinaria a occuparsi del processo per l’omicidio di Emanuele Scieri, il parà siracusano ucciso il 13 agosto del 1999 all’interno della caserma Gamerra di Pisa. Così ha deciso la prima sezione penale della Corte di Cassazione, risolvendo il conflitto di giurisdizione tra il tribunale militare di Roma e quello ordinario di Pisa. «Adesso, come disposto dalla Corte, la magistratura militare dovrà trasmettere l’intero fascicolo con gli atti al tribunale pisano – spiega a MeridioNews l’avvocata Alessandra Furnari che assiste i familiari di Scieri – L’attività d’indagine diventerà organica e potremo andare avanti, senza più perdere tempo, verso la verità».
In seguito alla relazione finale della commissione d’inchiesta sul caso, la procura di Pisa ha riaperto le indagini. Poco dopo, il tribunale militare di Roma ha chiesto il trasferimento degli atti. Per un periodo, i due procedimenti sono andati avanti parallelamente. Nel caso del tribunale militare a essere contestato agli indagati era il reato di abuso di autorità, ovvero di violenza contro un inferiore mediante omicidio pluriaggravato in concorso. Nel procedimento ordinario, la contestazione riguarda invece il reato di omicidio aggravato dai futili e abietti motivi. Oltre ai tre ex caporali Alessandro Panella, Andrea Antico e Luigi Zabara, in questo caso sono indagati per favoreggiamento anche l’ex comandante della Folgore, il generale Enrico Celentano e l’allora aiutante maggiore Salvatore Romondia.
«Con la risoluzione di questo conflitto di giurisdizione – dichiara l’avvocato della parte civile Ivan Albo – la Cassazione ha affermato un principio essenziale di questa accusa: la contestazione dell’omicidio è aggravata fino all’ergastolo perché i motivi dell’assalto e conseguente uccisione di Lele sono stati “abietti e futili”. Insomma quegli atti di nonnismo furono la causa e il movente di quella vile aggressione». La risoluzione del conflitto in favore della tribunale ordinario «è un passaggio essenziale nell’accertamento della verità: quella ai danni di Lele fu, solo e drammaticamente, prevaricazione fine a se stessa, pervicace e reiterata, in una cadenza drammatica di eventi che narrano di una degenerazione umana ed emotiva che non poteva essere racchiusa negli angusti spazi di un presunto atteggiamento spavaldo di alcuni graduati ai danni di una recluta».
Il 29 marzo è prevista la ripresa dell’udienza preliminare davanti al gup di Pisa. In quella occasione si capirà anche se gli indagati chiederanno di procedere con il rito abbreviato. «La decisione della Cassazione di assegnare il processo alla magistratura ordinaria è un premio agli sforzi fatti dalla procura di Pisa di arrivare finalmente alla verità, dopo una prima inchiesta che si era conclusa con un’archiviazione. Riteniamo che sia la sede più giusta», commenta Francesco Scieri, il fratello di Emanuele che, insieme alla madre Isabella Guarino, è stato ammesso come parte civile. Respinta, invece, la richiesta da parte dell’associazione Giustizia per Lele. «Dopo 21 anni, tutto questo è accaduto – dice il presidente dell’associazione Carlo Garozzo – grazie alla determinazione di tanti, al coraggio della famiglia, degli amici e della società civile che non si è piegata dinanzi all’ingiustizia. Io continuo a sognare una giustizia che, finalmente, ci consentirà di lasciare libero Lele».
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