Caso Salafia: «Oltre al danno la beffa»

È passato un anno esatto da quando la studentessa Laura Salafia è stata colpita da un proiettile in piazza Dante a Catania. Nonostante il colpo sia stato esploso a due passi dal Monastero dei Benedettini, sede delle facoltà di Lettere e Lingue, da un dipendente comunale, Andrea Rizzotti, assegnato alla guardia della Chiesa di San Nicolò, né il comune di Catania né l’Ateneo catanese si sono costituiti parte civile al procedimento per il ferimento di Laura. Accanto alla famiglia, quindi, il 22 settembre prossimo, al processo che si svolgerà con la formula del rito abbreviato, non ci saranno le istituzioni.

«Un po’ me lo aspettavo: sia il Comune che l’Università – ma soprattutto il Comune perché il Rettore per qualche settimana dopo la vicenda almeno qualche telefonata l’ha fatta – passata l’onda dei media sono scomparsi. È stata una passerella giusto per l’opinione pubblica che all’epoca dei fatti era molto coinvolta. Erano tutti indignati, poi, come si dice dalle mie parti,”passatu u santu passatu u scantu”». A parlare è il fidanzato di Laura, Antonio Guarino. La ragazza, che si trova ancora nel centro specializzato di Imola, dove si sottopone alla lunga terapia di riabilitazione dopo la lesione al midollo spinale provocata dal proiettile che la colpì accidentalmente durante l’agguato di Rizzotti contro il pregiudicato Maurizio Gravino – non vuole rilasciare dichiarazioni. «Le sue condizioni di salute da qualche settimana non sono delle migliori racconta Antonio – A questo si aggiunge il malumore per come si sta svolgendo la vicenda giudiziaria e la rabbia per essere stata abbandonata dalle istituzioni, quindi in questo momento ha solo bisogno di un po’ di quiete».

Laura infatti sarebbe rimasta molto delusa anche dalla decisione del giudice di concedere il rito abbreviato, che, in caso di condanna, darà la possibilità a Rizzotti di usufruire dello sconto di un terzo della pena. «Questo significa che chi ha sparato a Laura si farà appena qualche anno di prigione. Che le istituzioni da noi sono miraggi, fatta eccezione per quando hanno un loro preciso interesse, lo  sapevamo, ma non avremo nemmeno la soddisfazione di vedere il colpevole invecchiare in galera. Questo non migliorerebbe le condizioni cliniche di Laura, ma almeno avremmo avuto giustizia. Insomma, oltre al danno la beffa», aggiunge Antonio.

Alla nostra richiesta di motivare la mancata costituzione come parte civile, il Rettore ha risposto con una nota ufficiale in cui spiega che «la decisione dell’Università di Catania di non costituirsi parte civile nel processo contro Andrea Rizzotti è frutto di un’attenta riflessione che ha coinvolto i giuristi dell’Ateneo». Questa la motivazione: «Si è scelto di non avvalersi di questo strumento processuale perché, anche nel caso in cui la richiesta dell’Ateneo non fosse stata respinta e l’università fosse riuscita a vantare un danno, la conseguenza sarebbe stata quella di incidere negativamente sul patrimonio dell’imputato, a tutto svantaggio delle vere vittime, Laura Salafia e la sua famiglia». E aggiunge: «Se la famiglia lo riterrà opportuno, l’Ateneo si dà fin da ora disponibile a farsi promotore di una sottoscrizione a favore della studentessa».

Il prof. Antonino Recca ha informato la famiglia dell’eventuale sottoscrizione tramite l’avvocato della studentessa. Questo contatto, però, non è stato preventivo alla scelta di non costituirsi parte civile: «È vero che il contatto con l’avvocato c’è stato – conferma Antonio – ma solo dopo l’udienza del 17, e dopo che il giornale La Sicilia ha scritto che il comune e l’università hanno ignorato Laura. Solo allora il Rettore ha telefonato all’avvocato e in quella occasione ha parlato della sua intenzione a fare eventualmente una sottoscrizione. Se il giornale non avesse scritto quelle cose anche in maniera molto accusatoria aggiunge – non so se si sarebbe fatto sentire qualcuno. Certo, meglio tardi che mai, anche per il discorso della sottoscrizione. Laura e la sua famiglia sanno della disponibilità che ha dato il Rettore, ma non si sono espressi sulla questione ».

L’argomentazione del Rettore, secondo cui il costituirsi parte civile avrebbe arrecato un danno a Laura in quanto avrebbe contribuito a far diminuire il risarcimento a lei spettante, non ha convinto tanti studenti ma anche esperti di legge, tenendo soprattutto conto che nel caso specifico costituirsi parte civile non avrebbe dovuto avere come scopo quello di ottenere un risarcimento, ma di dare un segnale forte di vicinanza a Laura e alla sua famiglia.

Non tutti all’Università, infatti, la pensano come il Rettore. Il professore Ernesto De Cristofaro, storico del diritto, obietta appunto che: «In sede processuale, l’argomentazione secondo cui l’eventuale costituzione di parte civile dell’Università di Catania avrebbe rischiato di attirare verso la medesima somme a titolo di risarcimento sottraendole a più importanti aventi diritto quali la vittima e i suoi familiari è piuttosto debole. Ci si può costituire “parte civile” in un processo penale anche chiedendo un risarcimento del tutto simbolico: 1 euro, 5 euro, 10 euro. E persino senza avanzare alcuna pretesa risarcitoria». Inoltre, aggiunge il docente, «Nessuno è in grado di dire con certezza se il giudice avrebbe ammesso la richiesta di costituzione. L’unico precedente in qualche modo analogo, che io ricordi, è quello del processo per l’omicidio della studentessa Marta Russo alla Sapienza. In quel caso, tuttavia, erano coinvolti due assistenti universitari e, inizialmente, anche un professore ed alcuni impiegati. La situazione, considerata dalla prospettiva del danno d’immagine per l’Università, era senz’altro differente. Ciò non toglie che anche nel caso concernente la studentessa Laura Salafia si sarebbe potuto fare il tentativo di costituzione».

Per il prof. De Cristofaro, e non solo, «l’Università è stata colpita nella persona di una sua studentessa, a pochi metri dal luogo dove aveva appena sostenuto un esame. Per questo non aver tentato di costituirsi parte civile resta una scelta opinabile».


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