Mered, Facebook scagiona presunto trafficante «I tabulati confermano che non ha mentito»

«Ecco la dimostrazione che lui non ha mai mentito». Ne è sempre più certo l’avvocato Michele Calantropo, difensore dell’uomo attualmente detenuto al Pagliarelli con l’accusa di essere il pericoloso boss della tratta di esseri umani Yehdego Medhanie Mered. La prova decisiva per scagionare quello che da mesi afferma di essere Medhanie Tesfamariam Berhe, un eritreo vittima di un clamoroso scambio di persona, sta all’interno di un cd consegnato questa mattina dal procuratore Geri Ferrara nelle mani del presidente di corte Raffaele Malizia. Il disco contiene i tabulati relativi alle attività degli account Facebook riconducibili all’uomo in carcere e a quello che si presume essere il vero boss rimasto a piede libero, e a persone correlate all’inchiesta sul traffico di migranti. Dati fondamentali per il processo, che potrebbero permettere addirittura di «avere una mappatura completa ed esatta degli spostamenti dei trafficanti», secondo l’avvocato Calantropo.

La richiesta era partita dai legali degli imputati ed è stata inoltrata all’azienda statunitense dalla Procura, che ha ottenuto i risultati depositati ieri. Di ogni profilo sono state fornite le date di registrazione e gli indirizzi ip riconducibili ai terminali da cui è avvenuto ogni singolo collegamento al social. Nell’elenco depositato ci sono anche due account con lo stesso nome e cognome, Meda Yehdego, secondo la difesa riconducibili al vero trafficante ancora a piede libero. Per uno dei due profili la data di registrazione risulta essere il 24 settembre 2013, ma il report sull’utilizzo di Facebook pare essersi di colpo arrestato al 22 novembre 2015. Un fatto piuttosto ambiguo, dal momento che basta cercare sul social entrambi i profili omonimi per scoprire che c’è stato un utilizzo anche durante il 2016.

C’è anche l’account di Medhanie Meda, collegato invece all’uomo in carcere. Dai dati sembrerebbe emergere in maniera inequivocabile che al momento dell’apertura di questo account nell’ottobre 2014 lui si trovasse in Eritrea. L’ip dal quale sono state effettuate le prime connessioni, infatti, è stato localizzato nei pressi di Asmara. Lo stesso indirizzo persiste sino ai primi di dicembre dello stesso anno, per poi spostarsi in Etiopia. «Questi dati ricalcano fedelmente gli spostamenti dichiarati dal mio cliente durante gli interrogatori», spiega Calantropo. Anche quello che dichiara essere il fratello dell’uomo in carcere, Noh Tesfamariam, ha recentemente ricostruito a MeridioNews gli spostamenti dell’imputato e posti e periodi coincidono con quanto emerso dai dati Facebook. Lo stesso detenuto, in fase preliminare, aveva preso la parola per ribadire di essere rimasto ad Asmara con la sorella per quasi tutto il 2014 e di essersi spostato in Etiopia a ridosso del 2015, dichiarazione in netto contrasto con quanto raccolto e ricostruito dall’accusa. Mentre per i due profili riconducibili al vero boss il luogo di connessione cambia e per tutto il 2014 è la Libia.

Queste, tuttavia, sono le prime considerazioni a caldo emerse da un primo superficiale esame da parte dei legali del materiale consegnato ieri al giudice. Per stabilire con esattezza come interpretare i dati forniti da Facebook si dovrà attendere l’analisi dei periti. Intanto, la difesa continua a produrre nuove prove. Michele Calantropo questa mattina ha fatto richiesta per depositare una copia del certificato di matrimonio fra Paulos Haile Michaele e Seghen Tesfamarian Berhe, presunta sorella dell’uomo in carcere, celebrato in data 27 aprile 2015. Un documento che smentisce quanto dichiarato dal pentito Atta Wehabrebi Nuredin durante la testimonianza resa nella scorsa udienza, in occasione della quale, seppur non riconoscendo nell’uomo arrestato il boss Mered, ha spiegato di aver visto il detenuto in una foto postata su Facebook dello stesso matrimonio, collocando però l’evento nel 2013


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