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Case fatiscenti in Sicilia, la provincia di Messina ai vertici in Italia. L’incremento maggiore nell’Agrigentino

Al vertice la provincia di Frosinone, seguita da quelle di Cosenza e Messina. La classifica è quella che riguarda i ruderi e gli immobili fatiscenti. Si tratta di strutture il cui degrado è talmente avanzato da fare venire meno la funzionalità alla quale in origine erano destinate. Immobile che, per le condizioni in cui sono ridotti, diventano inidonei ad utilizzazioni produttive di reddito. Stando ai dati diffusi da un report di Confedilizia, la Confederazione Italiana proprietà edilizia, negli ultimi dodici anni si è registrato un aumento, a livello nazionale, del 123 per cento. Nel 2011 ruderi e immobili fatiscenti erano 278mila, mentre oggi si superano le 600mila unità. La provincia di Frosinone ne conta quasi 32mila, circa sei volte di più dei ruderi dislocati nella vicina, e più popolosa, provincia di Roma. In provincia di Cosenza, secondo i numeri del report, sono quasi 23mila mentre la provincia di Messina si ferma a 18.537. A seguire vi sono le province di Torino, Cuneo, Foggia, Reggio Calabria, Lecce e Benevento, dove ruderi e immobili fatiscenti sono, in ognuna di esse, tra i 14mila e i 16mila.

Secondo il report di Confedilizia a incidere in maniera significativa su questi numeri sarebbe stata – nel 2012 – l’introduzione dell’Imu, l’imposta municipale propria dovuta per il possesso dei fabbricati. Se le abitazioni, cioè gli immobili di categoria A, tra il 2011 e il 2023 sono aumentate solo del 6,5 per cento, da 33 milioni e 429mila a 35 milioni e 593mila, nel caso dei ruderi l’incremento è stato di ben il 123 per cento. Gli incrementi maggiori sono quelli delle province di Agrigento, Avellino, Foggia e Mantova. In tutti questi casi c’è stata quasi una quadruplicazione del numero. Sopra la media gli aumenti anche nella città metropolitana di Napoli, con più 199,5 per cento e in quella di Roma, +185,2 per cento. «È un aumento davanti al quale non si può rimanere ciechi – afferma Confedilizia – La grandissima maggioranza dei ruderi, l’88,7 per cento, appartiene a persone fisiche: si tratta quasi solo di case, magari appartenute a genitori o nonni e che poi sono passate a eredi ormai trasferitisi altrove».

Dal check up realizzato da Confedilizia del problema non sono esenti anche le grandi città, nelle quali il dato delle case diroccate, e comunque non produttrici di reddito, è in aumento. Proprio a Roma nel 2011 ce ne erano 459, oggi sono 1.820, il quadruplo. La Capitale su questa classifica negativa batte di quattro volte Milano, che ha visto un incremento basso passando in 12 anni da 280 a 366 immobili fatiscenti. Crescita significativa anche a Napoli, passata in dodici anni da 225 a 707 immobili fatiscenti, una quota comunque inferiore ai 3.810 di Palermo

«È facile capire – spiegano da Confedilizia – come, soprattutto in alcune aree, sia un problema sociale, è per questo che chiediamo alcune misure poco costose, come, per esempio l‘esenzione totale dall’Imu degli immobili situati nei Comuni sotto i 3mila abitanti, quelli più colpiti dal fenomeno. Costerebbe solo 800 milioni di euro, ma sarebbe un segnale importante per chi vive nelle zone più interessate dal problema. Circa 50 milioni, molto meno, sarebbero necessari per esentare completamente dal pagamento della medesima imposta i proprietari degli immobili inagibili e inabitabili, che oggi hanno solo una riduzione del 50 per cento della base imponibile». Abitazioni, quest’ultime, che secondo Confedilizia sono comunque destinate a diventare prive di rendita.


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