Carlo Gregoli si suicida nel carcere Pagliarelli Era accusato del duplice omicidio di Falsomiele

Carlo Gregoli si è ucciso nella cella dell’infermeria nel carcere Pagliarelli. L’ex geometra comunale era finito in manette insieme alla moglie, Adele Velardo, lo scorso 3 marzo per il duplice omicidio di Vincenzo Bontà e Giuseppe Vela, freddati quel giorno in via Falsomiele a Palermo con modalità che ricordavano il metodo mafioso e che per questo inizialmente avevano sviato gli inquirenti. Il 50enne, secondo il suo legale, soffriva di una forte depressione, tanto che ne era stata chiesta la scarcerazione. È stata una perizia disposta dal gip, tuttavia, a stabilire che le condizioni dell’uomo erano compatibili con il regime carcerario e che quindi sarebbe dovuto rimanere rinchiuso al Pagliarelli. 

Una seconda istanza di scarcerazione era ancora al vaglio della magistratura, per questo Gregoli si trovava in infermeria. Era tenuto sotto osservazione in attesa di una valutazione psichiatrica. Il geometra e la moglie, entrambi incensurati, non hanno mai ammesso il loro coinvolgimento nel delitto. A inchiodarli sono state le testimonianze di alcuni passanti e i filmati delle telecamere di videosorveglianza della zona. In particolare uno dei testimoni ha raccontato di avere visto chiaramente dallo specchietto retrovisore della propria auto Gregoli esplodere il colpo di grazia alla nuca di Bontà. In fine, alcune settimane fa, l’esame del dna effettuato su un bossolo trovato sul luogo della sparatoria ha ulteriormente complicato la posizione del dipendente comunale. Nonostante ciò non è ancora chiaro il movente che avrebbe potuto muovere i coniugi a compiere l’omicidio.

Intanto, Il dipartimento per l’amministrazione penitenziaria ha aperto un’indagine: secondo quanto si apprende, l’uomo mezzora prima di suicidarsi aveva avuto un colloquio col funzionario giuridico pedagogico incaricato di tenerlo in osservazione dopo una istanza di scarcerazione presentata dal suo legale. Il difensore di Gregoli era tornato infatti a chiederne la scarcerazione sostenendo che la depressione di cui soffriva lo rendesse incompatibile con la detenzione. Una istanza analoga era già stata respinta dal gip sulla base di una perizia psichiatrica che, al contrario, aveva ritenuto che Gregoli potesse restare in cella

«In questi mesi in carcere non era stata registrata nessuna forma di disagio particolare. Gregoli mezzora prima di suicidarsi ha incontrato un educatore. Era stata la famiglia a chiederci questo tipo di osservazione visto che in passato aveva sofferto di depressione». Lo dice Francesca Vazzana, direttrice del carcere del Pagliarelli di Palermo dove ieri si è ucciso Carlo Gregoli. «L’indagine del Dap sulla morte di Gregoli è di prassi in questi casi. Per prassi, secondo le disposizioni vigenti, noi siamo tenuti a seguire i soggetti che in qualche modo rilevano un momentaneo disagio psicologo, sono visti quotidianamente dallo psichiatra, dallo psicologo e dal funzionario giuridico pedagogico che è un educatore. Anche il detenuto Gregoli era stato seguito». 


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L'uomo, finito in manette insieme alla moglie lo scorso 3 marzo, pare soffrisse di una forte depressione. Erano state presentate due istanze di scarcerazione, la prima rigettata dopo una perizia e la seconda ancora al vaglio del gip. Intanto, Il dipartimento per l'amministrazione penitenziaria ha aperto un'indagine

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