Cantieri navali di Palermo, depositata la sentenza per le morti di amianto

Sono state depositate nei giorni scorsi le motivazioni della sentenza di primo grado che, nell’aprile dello scorso anno, ha portato alla condanna di tre ex dirigenti della Fincantieri di Palermo giudicati colpevoli di non aver tutelato gli operai dell’azienda dalle fibre di amianto. Alla sentenza, per molti versi storica, pronunciata dal giudice Gianfranco Criscione del Tribunale del capoluogo siciliano, si è arrivati dopo un processo durato cinque anni. I reati che la Giustizia ha contestato ai tre imputati – Luciano Lemetti, Giuseppe Cortesi e Antonio Cipponeri – sono omicidio colposo plurimo e lesioni gravissime.

Per la cronaca, Lemetti è stato condannato a 7 anni e sei mesi; Cortesi a 6 anni; Cipponeri a 3 anni. A tutti gli imputati sono stati condonati 3 anni. In questa storia – che purtroppo non è l’unica in Italia, visto che anche in altre regioni del nostro Paese sono stati celebrati altri processi, sempre per morti di amianto, per non parlare di quelli ancora in corso – sono 37 gli operari dei Canteri navali di Palermo che hanno perso la vita a causa di tumori polmonari che hanno contratto a causa dell’inalazione delle fibre disperse nell’aria (o aerodisperse, per utilizzare un termine tecnico). A questi si aggiungono altri 26 operai che hanno contratto la malattia.

Stando a quanto stabilito dalla Giustizia (almeno in primo grado, perché sulla vicenda si pronuncerà la Corte d’Appello e poi la Corte di Cassazione), il mesotelioma pleurico e l’usbestosi sono state provocate dall’inalazione delle fibre di amianto disperse nell’aria. Questo perché nei Cantieri navali di Palermo si faceva largo uso di amianto per motivi economici (di fatto, per risparmiare sulla pelle dei lavoratori).

I dirigenti della Fincantieri di Palermo – azienda pubblica italiana controllata da Fintecna, una finanziaria che fa capo al ministero dell’Economia – non si sarebbero preoccupati della salute degli operai, utlizzando, per lunghi anni, un materiale dal costo non certo proibitivo: l’amianto, per l’appunto. Il tutto ben sapendo che si tratta di una sostanza pericolosa, se non letale, per l’uomo.

In primo grado i vertici di Fincantieri sono stati condannati a un risarcimento piuttosto ‘salato’ nei confronti di vari soggetti: in primo luogo dell’Inail, che si è costituito parte civile insieme con gli operai colpiti dalle malattie provocate dall’amianto ma ancora in vita e, naturalmente, dai parenti delle vittime dei lavoratori deceduti. Anche la Fiom Cgil, la Camera del Lavoro di Palermo e Medicina democratica si sono costituite parte civile.

La quantificazione del danno economico è stata demandata al giudice civile. Anche se gli imputati sono stati condannati a ‘sborsare’ provvisionali immediatamente esecutive.

L’azione civile, in questi casi, può procedere autonomamente rispetto al processo penale. Ma è chiaro che le motivazioni della sentenze depositate nei giorni scorsi potranno essere di aiuto a chi sta procedendo sul piano civile nella richiesta dei risarcimenti.

A chiedere i danni sono i parenti delle vittime e i malati. All’eventuale risarcimento possono accedere anche i parenti dei malati che hanno subito danni invalidanti.


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Sono state depositate nei giorni scorsi le motivazioni della sentenza di primo grado che, nell’aprile dello scorso anno, ha portato alla condanna di tre ex dirigenti della fincantieri di palermo giudicati colpevoli di non aver tutelato gli operai dell’azienda dalle fibre di amianto. Alla sentenza, per molti versi storica, pronunciata dal giudice gianfranco criscione del tribunale del capoluogo siciliano, si è arrivati dopo un processo durato cinque anni. I reati che la giustizia ha contestato ai tre imputati - luciano lemetti, giuseppe cortesi e antonio cipponeri - sono omicidio colposo plurimo e lesioni gravissime.

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