«Deve ritenersi prevalente, allo stato, la necessità di evitare il pericolo, accresciuto dalle notevoli dimensioni dell’impianto, di un’irreversibile trasformazione dell’area». Poggia su questa considerazione l’ordinanza con cui il Tar di Catania ha sospeso la validità del provvedimento autorizzatorio unico regionale (Paur), ottenuto a giugno dalla Lindo. La società, una srl con diecimila euro di capitale ripartito fra cinque soci, vorrebbe realizzare un grande impianto fotovoltaico in un’area agricola compresa tra i centri di Canicattini Bagni, Siracusa e Noto. In termini di potenza si parla di oltre 67 megawatt mentre come superficie interessata ci si aggira sui 112 ettari. La prospettiva di vedere installati più di 187mila moduli solari non è stata accolta positivamente dalle popolazioni locali, che l’anno scorso hanno indetto una manifestazione pubblica di protesta e che oggi incassano il pronunciamento del tribunale amministrativo che, rinviando all’anno prossimo la discussione nel merito del ricorso proposto dai Comuni di Canicattini e Siracusa, ha accolto l’istanza cautelare.
«La decisione è una prima importante risposta alla salvaguardia e tutela del nostro territorio, al suo ecosistema e al vasto patrimonio naturalistico, paesaggistico, archeologico e storico del comprensorio ibleo, così come del nascituro Parco Nazionale degli Iblei – dichiara il sindaco di Canicattini, Paolo Amenta -. Puntiamo decisamente, attraverso le comunità energetiche, al risparmio energetico e alla produzione delle rinnovabili, visto anche il momento drammatico riguardo alla crisi energetica, pensando all’incremento delle fonti alternative, ma non in direzione della speculazione, ma in quella di finanziare i Comuni, le imprese e le famiglie per piccoli impianti per la pubblica utilità con il sostegno a fondo perduto delle risorse finanziarie del Pnrr e dei fondi europei».
Tra le motivazioni che hanno portato i giudici della seconda sezione del Tar a mettere in ghiaccio l’autorizzazione di Lindo – il cui progetto prevede anche la realizzazione di un cavidotto di dieci chilometri e la relativa connessione con la rete di trasmissione nazionale, e che era stato già sottoposto a una lunga serie di misure di compensazione da parte della Commissione tecnica specialistica della Regione – ci sono carenze «nella valutazione dei chiarimenti forniti in merito all’interazione dell’opera con le circostanti aree protette ZSC e in contraddizione con gli atti finalizzati alla perimetrazione e istituzione del Parco nazionale degli Iblei».
L’ordinanza del Tar, con i riferimenti alla localizzazione dell’impianto, riporta al centro dell’attenzione la questione delle aree idonee e non idonee che il governo regionale guidato da Nello Musumeci ha deciso di non individuare in chiave più restrittiva, rimandando alla normativa in vigore in maniera di tutele. Per quanto riguarda il parco, invece, al momento della valutazione d’impatto ambientale l’argomento è stato soltanto sfiorato anche per l’assenza nella conferenza dei servizi del ministero. Sul punto il Tar ha sottolineato come l’iter avrebbe dovuto prevedere il «coinvolgimento delle autorità statali cui spetta l’adozione degli atti di definitiva istituzione del Parco».
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