La procura nissena accusa di disastro ambientale continuato dieci persone, tra le quali amministratori comunali e dirigente dell'Ato Ambiente Cl1. Secondo i magistrati, non sarebbero state attuate le misure necessarie a evitare lo sversamento del percolato. E per la bonifica ci vorrebbero dieci milioni di euro
Caltanissetta, inchiesta su inquinamento in discarica Tra gli indagati anche Ruvolo e due ex primi cittadini
Sembra come la palla avvelenata la discarica comunale di Caltanissetta ormai chiusa da 15 anni. Chi la tocca viene indagato, sia esso sindaco, ex sindaco, dirigente tecnico o rappresentante dell’Ambito territoriale Ato. La procura contesta il reato di disastro ambientale continuato a dieci tra amministratori comunali, dirigenti tecnici del Comune e dell’Ato Ambiente Cl1, nell’atto di chiusura delle indagini sul presunto inquinamento delle falde acquifere causate dallo sversamento di percolato nel sito di contrada Stretto-Giordano. Indagati il sindaco Giovanni Ruvolo, gli ex sindaci Michele Campisi e Salvatore Messana, l’ex presidente dell’Ato ambiente Cl1, Giuseppe Cimino, la liquidatrice dell’Ato, Elisa Ingala, il responsabile dell’area tecnica dell’Ato, Salvatore Rumeo, l’ex direttore tecnico dell’Ato, Graziano Scontrino, il direttore tecnico della discarica, Sergio Montagnino, e il geologo Michele Panzica.
La discarica è stata in funzione fino al 2002, anno in cui si verificò uno smottamento interno in seguito al quale il prefetto ne ordinò la chiusura. Subito dopo arrivò il primo sequestro preventivo dell’autorità giudiziaria, che aveva aperto un procedimento in materia di illecito smaltimento del percolato. Che veniva raccolto con alcune vasche poste ai piedi del sito, molto ampio per estensione, quindi ripompato sul corpo della discarica, ma non sempre smaltito per tempo. Con la conseguenza di tracimare nell’ambiente esterno, arrivando anche sui corsi d’acqua superficiali. Negli anni, il percolato è stato smaltito anche con autobotti ma secondo i magistrati solo in parte rispetto a quello effettivamente prodotto dalla discarica ormai satura. Secondo l’accusa gli indagati non avrebbero vigilato sulle condizioni della discarica. Problema non da poco visto che per la bonifica definitiva del sito servirebbero più di dieci milioni di euro. Soldi di cui il Comune ovviamente non dispone.
Nel 2007, il giudice restituì la discarica al Comune di Caltanissetta fino al 2009, quando passò all’Ato Cl1. Ma nuove fuoriuscite di percolato, soprattutto a seguito di forti precipitazioni, hanno portato a un nuovo sequestro, con l’affidamento in custodia all’assessore regionale all’Energia e al direttore generale del dipartimento rifiuti e la contestuale apertura del procedimento penale. Dalle stime effettuate dalla procura di Caltanissetta, la produzione del percolato sarebbe di almeno diecimila tonnellate all’anno, a fronte di una media di smaltimento di tremila tonnellate. La rimanente parte viene ricircolata sulla discarica e, scendendo a valle, finisce per disperdersi nell’ambiente.
Sotto la lente degli investigatori c’è la mancata messa in sicurezza. Il progetto del Comune di Caltanissetta, da finanziare in parte con le opere di compensazione del raddoppio della strada statale 640, prevedeva il cosiddetto capping, una copertura con argille pesanti che serve a limitare l’infiltrazione di acqua e la conseguente uscita del percolato. Nel frattempo, però, la Regione ha inserito la bonifica tra le opere del Patto per il Sud, con un finanziamento di 12 milioni di euro. Somme al momento, però, soltanto virtuali.
«È una situazione che abbiamo in tutte le discariche nate nel post-guerra», dichiara l’ex assessore all’ambiente della giunta Ruvolo, Amedeo Falci. Ingegnere e ambientalista, nel 2007, prima di far parte dell’amministrazione comunale, firmò anche un esposto in procura, insieme a Italia Nostra, proprio sulla discarica di contrada Stretto-Giordano. «Per risolvere questa questione ci vogliono i soldi e un progetto che comunque avevamo già fatto – spiega Falci -. Gli enti che controllano le discariche sono tanti e non hanno agito mai di comune accordo. O lo Stato mette a disposizione i soldi oppure – conclude l’ex assessore – il problema non si potrà mai risolvere».