Call center, sale la tensione sulla vertenza Monalisa «Contratti co.co.co o licenziamento», via a proteste

Un call center e il bivio tra precariato e la disoccupazione per più di cento lavoratori. Si è tenuto oggi il sit-in, organizzato davanti alla sede dell’ufficio provinciale del lavoro di Catania dal sindacato Snalv Confsal, in occasione dell’incontro sulla fine della procedura di licenziamento collettivo tra sigle sindacali e vertici di Monalisa contact. L’azienda di Misterbianco, che da oltre dieci anni cura in subappalto le commesse di Vodafone business, sembra essere giunta al capolinea. E a pagarne lo scotto sono, come sempre, i dipendenti. A conclusione dell’incontro la redazione di un verbale negativo che mette fine al dialogo tra azienda e lavoratori. La causa della chiusura dell’attività, secondo quanto trapela da fonti sindacali, sarebbe da rintracciare nelle difficoltà economiche dell’impresa.

«L’azienda – afferma Alessandra La Ferla, responsabile sindacale aziendale in quota Uiltucs – sostiene di essere in deficit e di avere un bilancio in passivo per cui non riesce a sobbarcarsi le spese di noi lavoratori». Ma questa versione non convince molti. Tra i lavoratori si insinua il dubbio che dietro alla chiusura dell’azienda ci possa essere una riapertura sotto altro nome. «Un anno e mezzo fa – spiega un dipendente in protesta – l’azienda per cui lavoriamo (gruppo Aura) è stata premiata come migliore agenzia Vodafone in Italia. Quindi credere a un deficit di bilancio risulterebbe un po’ impegnativo. Sembrava che tutto andasse per il meglio».

Lo scorso 2 aprile, però, il call center ha comunicato la cessazione dell’attività, quantificando in cento persone gli esuberi, e ha proposto la stipula di contratti a progetto. «Questo – sottolinea la sindacalista Uiltucs – avrebbe potuto essere fattibile solo se i sindacati avessero accettato la proposta». Oggi, però, l’accordo non è stato raggiunto, la procedura si è chiusa in negativo e l’azienda è costretta, entro 120 giorni a decorrere da oggi, a chiudere i battenti e spedire le lettere di licenziamento secondo i preavvisi previsti dalla legge. «Abbiamo cominciato a progetto – prosegue La Ferla – ora non possiamo pensare di tornare indietro. Alle spalle dei lavoratori ci sono le famiglie, non possiamo accettare 300 euro al mese».

«Si tratta – spiega Sergio Romano di Snalv Confsal – di una morte annunciata che l’azienda imputa ai lavoratori. Ma io dico, invece, che è colpa di una scellerata direzione di questo call center». I rappresentanti sindacali non sono disposti ad assumersi la colpa e rincarano la dose: «La direzione – sostiene il sindacalista – gridava all’assenteismo quando in realtà l’azienda, pur di risparmiare, permetteva di prendere giorni non pagati, ma non concedeva ferie». Secondo Snalv Confsal, dunque, l’allarme assenteismo non era altro che un specchietto per le allodole. «Un assenteismo pilotato – prosegue Romano – per risparmiare sul costo del lavoro. Questo vi fa capire che Monalisa è una putìa e non un’azienda».

Se questo è il passato, c’è da capire cosa succederà in futuro. La fine della procedura di cessazione attività obbligherà l’azienda a versare nove mensilità di contributi, per ciascun dipendente, all’Inps. Fino a quel momento il sindacato invita i lavoratori a rimanere compatti e a tornare a lavoro, senza però rinunciare a dare battaglia. «La procedura – conclude Romano – si chiude il 21 giugno. Se l’azienda non licenzierà i lavoratori – permettendo loro, così, di prendere la disoccupazione – dal 22 giugno proclameremo uno sciopero a tempo indeterminato». Domani, intanto, sindacati e lavoratori manifesteranno davanti alla prefettura di Catania. 

Gabriele Patti

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