La fase di cessione dell'azienda è ferma nonostante i diversi incontri tra aziende acquirenti, proprietà e istituzioni politiche. Le sigle di categoria scrivono alla prefettura richiedendo un intervento diretto nella risoluzione del nodo per tutelare i lavoratori senza stipendio ormai da 3 mesi
Call center Qè, iter di vendita ancora in stallo Sindacati: «Preoccupati, intervenga prefetto»
Si fa preoccupante la vicenda del call center Qé dove sono a rischio centinaia di posti di lavoro. Quella che lo stabilimento sta passando è una vera e propria fase di stallo che preoccupa i sindacati di categoria, impegnati in questi giorni nell’iter per la vendita. Una vicenda che ha portato Davide Foti della Slc Cgil e Antonio D’Amico, Fistel Cisl, a scrivere una missiva al prefetto del capoluogo etneo in cui evidenziano le proprie preoccupazioni sull’esito degli ultimi incontri che hanno visto protagonisti le aziende interessate all’acquisto, la proprietà bresciana dell’impresa e il primo cittadino paternese Mauro Mangano, incaricato dal prefetto a mediare nel processo di vendita.
«Dobbiamo segnalare che buona parte delle aziende presenti alla prima sessione – scrivono i due sindacalisti nella nota – si sono defilate esprimendo perplessità su un eventuale affitto di azienda e le rimanenti hanno espresso in maniera poco trasparente la volontà di prendere solo parte dei lavoratori con le proprie commesse di appartenenza». Entrambe le sigle ritengono necessario un «cambio di passo» nella gestione della vertenza «poiché i lavoratori sono in credito di tre mensilità». Le organizzazioni parlano anche di «poca trasparenza» da parte dell’azienda sulla «mancanza delle retribuzioni da erogare ai lavoratori»; una situazione che starebbe portando «la morte sociale di centinaia di famiglie nel territorio». Proprio per questo, infine, chiedono un intervento tempestivo del prefetto che ponga una volta per tutte la parola fine alla vicenda.
E non si è fatta attendere la risposta del rappresentante del governo nazionale che ha convocato le parti in prefettura per lunedì 12 settembre alle ore 9. Drammatica la testimonianza dell’altro sindacalista della Cgil Gianluca Patanè. «Il debito dell’azienda è cresciuto e adesso ammonta a circa sette milioni e mezzo di euro. La sensazione che emerge è che le ditte vogliono intervenire solo al momento del fallimento, in modo tale da avere meno spese per acquisirne la proprietà». Un’idea che però non risolve la situazione dei dipendenti. Dei 275 lavoratori assunti a tempo indeterminato circa il 30% non va più a lavoro per mancanza di fondi «mettendosi in aspettativa o andando in ferie», spiega Patanè. «Invece dei 300 lavoratori con contratto a progetto solo 60 sono operativi. Tutti gli altri – conclude il sindacalista – o sono rimasti a casa oppure hanno trovato una ricollocazione in altre aziende del settore attive nel catanese».
Non perde le speranze, invece, il sindaco di Paternò Mauro Mangano. «Ho chiesto al Prefetto di convocare per la riunione definitiva soltanto le aziende che hanno mostrato un qualche interesse – spiega il primo cittadino a MeridioNews – Ho invitato l’amministratore delegato Mauro De Angelis a saldare le spettanze arretrate dei lavoratori, perché non è opportuno presentarsi in una riunione in cui si tratta la cessione dell’azienda con i dipendenti in credito». «I debiti accumulati dall’azienda – ha proseguito Mangano – sono frutto di una gestione allegra della ditta. Da oltre un anno l’impresa viene amministrata per farla morire, non per farla decollare».
Per Mangano i call center paternesi sono stati utilizzati come punto di forza dei politici locali per cercare voti. «Dare 400 euro al mese a qualcuno che poi devi cercare in campagna elettorale è avvilente per l’essere umano che resta schiavo di qualcuno». «Esiste inoltre la prova dell’inutilità produttiva di questo sistema – afferma il sindaco – ma adesso la cosa è diversa: in un altro call center attivo a Paternò, che ha una nuova proprietà, si stanno facendo degli investimenti finalizzati alla ricerca di professionisti nel settore».