Una cartella esattoriale per un folle importo è giunta al testimone di giustizia agrigentino. Per la legge che tutela le vittime del racket dovrebbe ottenere delle agevolazioni, ma un folle pasticcio burocratico mette a rischio di ipoteche i suoi beni
Buon Natale Ignazio Cutrò Al testimone tasse per 85mila euro
«Mai un passo indietro e ntu culu a la mafia». Il motto di Ignazio Cutrò, testimone di giustizia, è semplice ma efficace. Imprenditore di Bivona, piena provincia agrigentina, il signor Cutrò dal 1999 subisce una serie di intimidazioni di chiaro stampo mafioso. L’incendio di una pala meccanica, il sabotaggio di alcune tubature, la distruzione di camion e altri macchinari, il furto di attrezzi e poi il ritrovamento di cartucce e bottiglie contenenti benzina. Dopo varie denunce contro ignoti, il passo più importante della sua vita: diventare testimone di giustizia. Grazie alla sua collaborazione, vengono arrestate e condannate a vari anni di carcere cinque persone accusate di estorsione.
Nel frattempo c’è da mandare avanti una vita, continuare a lavorare. La famiglia Cutrò sceglie di restare a Bivona, ma le commesse non arrivano e la burocrazia complica tutto. Grazie alla legge che tutela le vittime di estorsione, l’imprenditore riesce ad ottenere la sospensione dei debiti che nel frattempo si sono accumulati. Ma l’Inps non ha recepito quanto stabilito dal Prefetto, non permettendo a Ignazio Cutrò di ottenere i certificati necessari per la sua attività edilizia. La beffa finale: la sospensione prefettizia scade, le banche richiedono quanto dovuto e qualche giorno fa arriva una cartella esattoriale di più di 85mila euro.
La notizia la dà lo stesso Cutrò augurando buone feste sul gruppo Facebook con il quale comunica con amici e simpatizzanti: «Anche io ho ricevuto un bel regalo che sinceramente non volevo ricevere – scrive -. Gli auguri mi arrivano da parte della Serit dove mi intimano con raccomandata che entro trenta giorni devo versare circa 86mila euro». La minaccia non è da prendere alla leggera: «Se non pago, mi ipotecano i beni» chiarisce laconico. Una follia burocratica, che non permette ad un’impresa pulita di lavorare e dare un impiego anche a operai e tutto l’indotto che si muove attorno ad un’impresa edile.
Alla lotta alla mafia e agli estorsori, si sostituisce quella per certi versi più temibile con le istituzioni. Il motto rimane sempre quello, ntu culu a la mafia, ma quando è assente in maniera disastrosa, anche lo Stato qualche insulto se lo merita.
[Foto di ColumbusCameraOp]