Brogli e imbroglioni, Deaglio rilancia

«Non è vero che in Italia sono tutti qualunquisti. Alla gente interessa molto la tutela del proprio voto, anche perché è l’unico strumento che come cittadini abbiamo a disposizione per poter dire la nostra opinione». Così il giornalista Beppe Cremagnani alla proiezione della seconda video-inchiesta realizzata con il collega Enrico Deaglio, sui brogli elettorali: “Gli imbroglioni”.
Ebbene sì; nonostante lo scalpore della prima inchiesta (“Uccidete la democrazia”) che denunciava brogli alle scorse elezioni dell’aprile 2006 – inchiesta che ha portato alla citazione a giudizio degli autori del film, accusati di diffusione di notizie false e tendenziose atte a turbare l’ordine pubblico – Deaglio e Cremagnani non si sono fermati. «Siamo stati inondati di migliaia di email e fax di lettori, non potevamo lasciar perdere», ha raccontato Deaglio. E così, a sei mesi dalla prima inchiesta, hanno fatto uscire “Gli imbroglioni” e ancora oggi sono impegnati nella sua diffusione. Se, infatti, ai primi di settembre hanno organizzato una proiezione a Pesaro, la scorsa settimana è stata la volta di Catania, all’arena Argentina. «Ciò che più ci ha colpito dopo aver diffuso questa seconda inchiesta – ha spiegato Deaglio – è stato il silenzio mediatico e istituzionale. Il primo film ha fatto molto scalpore, ha creato uno scandalo enorme che ci ha portati anche ad essere citati in giudizio e che per fortuna è finito nel nulla, ma questo è stato immerso in una cortina di silenzio. Uniche eccezioni – conclude – sono stati i Comunisti italiani e Maurizio Turco della Rosa nel pugno, oltre all’ex ministro Pisanu che ha avviato una causa civile per danni chiedendo un risarcimento di 5 milioni di euro».

“Gli imbroglioni”, un film di circa un’ora, contiene accuse molto gravi. Mostra come il sistema elettorale italiano sia estremamente debole. Racconta di almeno tre intrusioni informatiche durante la notte dello spoglio, e parla di un maneggio dei dati: dei veri e propri blocchi ingiustificati che sono durati da 40 minuti a 1 ora e mezza circa. Ma non è finita qui. Incaricata di proteggere il sistema del Viminale era stata, per quella notte, la security Telecom.
Potrebbe sembrare un fatto normale che una delle security più importanti venga utilizzata per un’operazione così delicata, se non fosse che si tratta di un’agenzia privata e che quel gruppo di esperti informatici e hacker professionali, guidati da Fabio Ghioni, è coinvolto nell’inchiesta Telecom-Sismi: uno scandalo che ha portato a diversi arresti e che riguarda attacchi informatici contro politici, manager e giornalisti compiuti allo scopo di rubare informazioni riservate.
Altro aspetto, non meno importante, che emerge dall’inchiesta di Deaglio e Cremagnani è il fatto che non esistono le condizioni per una verifica del voto attraverso il controllo diretto le schede: nessuno ha il diritto di farlo. I magistrati incaricati del controllo, infatti, possono basarsi solo sui risultati dei verbali. Dopo uno spoglio durato tutta la notte il risultato fu la vittoria del centrosinistra con uno scarto davvero piccolo. Questa differenza miserrima saltò agli occhi di tutti. Ciò che invece non è stato notato, né dagli esperti di statistica pagati profumatamente, né dai media che per giorni hanno continuato a dare la stessa notizia, è il gran numero dei voti contestati: ben 43 mila. Insomma fu considerato un fatto normale. Se i cervelloni del Viminale, però, non seppero cogliere il dato “statisticamente improbabile”, alcuni statistici, tra cui il professor Pasquale Scaramozzino (insegnava statistica all’Università di Pavia ed è morto in un incidente stradale pochi mesi dopo la denuncia di questi fatti) e la  professoressa Venera Tomaselli (associato in Statistica Sociale alla Facoltà di Scienze Politiche di Catania) lo fecero e segnalarono subito alcune anomalie.

Il caso di Catania per esempio. Dai dati del Viminale risultavano, solo a Catania e provincia, ben 19 mila voti contestati. Cioè quasi il 45% del totale. Un dato troppo anomalo per non essere notato.
Ma i casi strani non sono finiti. C’erano province, spesso quelle che avevano visto la nomina di  nuovi prefetti pochi giorni prima delle elezioni dell’aprile 2006, con più voti che votanti. Fu poi accertato che dai comuni i dati partirono corretti; se cambiarono, fu durante il viaggio.

La proiezione del film sulla notte delle elezioni è stata seguita da un breve dibattito moderato dalla giornalista Pinella Leocata. Oltre a Cremagnani e Deaglio, sono intervenuti Oliviero  Diliberto e Orazio Licandro del PdCI e la professoressa Venera Tomaselli (una degli
statistici che si è accorto dell’errore nei dati).
«Ho fatto solo il mio lavoro – commenta la professoressa – anche se non credo che ci fosse bisogno di essere professori di statistica per accorgersi dell’errore. Mi chiedo perché il Viminale non abbia controllato anche la plausibilità del dato e non solo i numeri».


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