Borrometi a giudizio per diffamazione commissione Antimafia L’articolo su Scicli pubblicato soltanto dopo la sua audizione

Il giornalista Paolo Borrometi è stato rinviato a giudizio per diffamazione nei confronti della Commissione antimafia dell’Ars. «È un primo passo per restituire onorabilità alla nostra commissione, al lavoro svolto e allo scrupolo con cui abbiamo sempre operato», sono le prime parole di commento del presidente Claudio Fava. La vicenda era iniziata dopo la pubblicazione della relazione sui lavori sul ciclo dei rifiuti nel 2020. Tra le audizioni c’era anche quella di Borrormeti che per il sito online La Spia nel 2015 si era occupato delle vicende che hanno portato allo scioglimento del Comune di Scicli, nel Ragusano suo territorio di origine. A fare discutere erano stati i tanti «non ricordo» del cronista e i dubbi sull’esistenza dell’articolo L’appello contro lo scioglimento del Comune di Scicli. «A me pare sia stato pubblicato», spiegava Borrometi durante la sua audizione. «Non abbiamo trovato nulla», precisava il presidente della commissione Claudio Fava. Quando il documento della commissione viene reso pubblico, il link dell’articolo de La Spia comincia a circolare. A chiarire il mistero per cui i deputati non riuscissero a trovarlo era stato poi un articolo di Generazione Zero ricco di precisazioni di natura tecnica: il dubbio riguarda la possibilità che il testo in questione sia stato pubblicato in quel momento, ma retrodatato a cinque anni prima. Un dubbio che adesso è stato risolto nel corso delle indagini. 

Una questione che aveva creato un acceso botta e risposta tra i due protagonisti: da una parte, l’allora presidente Claudio Fava che si era autosospeso dall’Ordine dei giornalisti – almeno finché non si fosse fatta chiarezza sul pezzo misterioso – e che aveva chiesto e ottenuto dalla commissione un mandato per procedere per vie giudiziarie. Dall’altro Borrometi che, con un post sui social, aveva accusato la commissione di avere ricostruito tutta la vicenda in modo «falso, falsissimo». Nel contenuto scritto su Facebook il 20 aprile del 2020 – dal titolo Zucchero e miele per i mafiosi – il giornalista lamenta di essere accusato «di non avere pubblicato l’appello pro Scicli contro lo scioglimento. Falso, falsissimo. Ma cosa vuol dire per il presidente Fava “ricerca abbastanza meticolosa?”Provate a mettere, su Google: Appello contro lo scioglimento di Scicli e vedrete che vi apparirà la pubblicazione del 15 marzo 2015, da me – ribadisco – pubblicato. Io quel documento l’ho pubblicato. E invece nella relazione si dice: “Borrometi non lo ha pubblicato“. Perché nella relazione della Commissione presieduta da Fava si dice questa cosa palesemente non vera?». 

Adesso, a distanza di più di due anni, e a conclusione delle indagini preliminari, i pubblici ministeri Fabio D’Anna e Monica Monego hanno rinviato a giudizio Borrometi con l’accusa di diffamazione perché «offendeva la reputazione dell’onorevole Claudio Fava, nella qualità di presidente della Commissione, e di tutti gli altri onorevoli componenti: Rosanna Cannata, Nicola D’Agostino, Gaetano Galvagno, Annunziata Luisa Lanteri, Margherita La Rocca e Giuseppe Zitelli. Tutti – si legge ancora nel decreto di citazione diretta a giudizio – nel corso dell’audizione avevano affermato che tale articolo non era stato rinvenuto nonostante accurate ricerche. Invero, la pubblicazione di detto articolo risultava intervenuta sul sito online La Spia tra le ore 17:59 del 26 febbraio del 2020 (ovvero al termine dell’audizione di Borrometi dinanzi alla Commissione parlamentare) e le ore 19:47 del 27 febbraio del 2020 e non il 15 marzo del 2015». 

«Il decreto di citazione a giudizio è stato notificato stamattina alle 10.34 e già alle 11.17 è stato seguìto da un comunicato dell’onorevole Fava che suona note di giubilo – si legge in una nota dell’avvocato Fabio Repici, legale di Borrometi – Per questo appare necessario fissare con nettezza alcuni elementi obiettivi. Nel corso delle indagini preliminari avevamo dimostrato documentalmente alla Procura di Ragusa che in periodo di poco precedente all’audizione di Borrometi davanti alla Commissione la testata online era stata fatta bersaglio di una gravissima operazione di hackeraggio». Tesi che, ha aggiunto Repici, è stata accolta e riconosciuta dalla procura di Roma.


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