Bollette d’oro a San Cipirello, indagato il sindaco Geluso: «Ho massima fiducia nella magistratura»

L’otto novembre il sindaco di San Cipirello Vincenzo Geluso e il presidente del consiglio comunale Giovanni Randazzo dovranno presentarsi presso la stazione dei carabinieri del paese per essere informati su un’indagine della Procura di Palermo che grava sulle loro spalle sul caso di un presunto uso improprio dei telefoni cellulari a disposizione di amministratori e dipendenti comunali. L’informativa di garanzia con molta probabilità sarà notificata anche ad altri interessati nel corso dei prossimi giorni.

La vicenda, che riguarda alcune bollette salate giunte agli uffici del piccolo Comune della Valle dello Jato, inizia nel 2012, quando i servizi telefonici vennero affidati alla Telecom che consegna una dotazione di schede telefoniche e cellulari ad amministratori e dipendenti comunali. Geluso all’epoca ricopriva la carica di presidente del consiglio comunale, Randazzo era invece capogruppo di maggioranza. I due, insieme ad un’altra dipendente comunale, avrebbero, secondo gli investigatori, utilizzato il servizio di telefonia in maniera spropositata facendo arrivare all’ente fatture per migliaia di euro. La società infatti vanterebbe con il comune di San Cipirello un credito che si aggira attorno ai 130 mila euro.

«Un servizio mai contrattualizzato da parte della Tim, tanto che oggi la società non ha mai fornito nessun contratto – dichiara a Meridionews il sindaco Geluso – Le cifre esorbitanti derivano dall’attivazione di servizi WAP che noi non abbiamo mai attivato, i costi relativi alle sole telefonate erano esigui». Nel 2014 il comune nominò un legale che aveva il compito di contestare la richiesta di pagamento delle somme provenienti dalle bollette pazze da parte di una società di recupero crediti incaricata dalla Telecom. «In prima udienza l’avvocato Marazzotta, che difendeva il comune – racconta il sindaco -, chiese alla società di telefonia la copia del contratto stipulato con il comune di San Cipirello ma non fu mai consegnato. La società di recupero cediti in seguito rinunciò all’incarico, le somme pretese dalla Telecom non vennero pagate e adesso, parte delle somme richieste, essendo già trascorsi già cinque anni, sono andate tutte in prescrizione». 

Intanto Geluso annuncia di voler chiedere, una volta chiarita la propria posizione, il risarcimento dei danni causati alla propria immagine. «Sono stato messo alla gogna e spero che presto uscirà fuori la verità – dice -. Ho massima fiducia nella magistratura che ha il compito di fare luce su questi fatti». 


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