Alcune realtà cittadine hanno firmato un protocollo d'intesa per un progetto da realizzare all'interno del liceo di via Vittorio Emanuele. Che accoglie nella sua sede un riparo costruito durante la Seconda guerra mondiale. Un'iniziativa per riscoprire il passato della città e creare nuove occasioni per gli studenti
Boggio Lera, rifugio antiaereo dentro la scuola «Progetto per ricostruire il passato della città»
Quante scuole possiedono al proprio interno una traccia del passato, come può esserlo un rifugio antiaereo utilizzato durante la Seconda guerra mondiale? A Catania ne esiste una, il liceo scientifico Boggio Lera che ha sede nel monastero della Santissima Trinità, a pochi passi dal più famoso monastero dei Benedettini. Per valorizzare il rifugio – conservato in ottime condizioni – e aprire nuovi percorsi di studio e cultura in città, stamattina è stato firmato un protocollo d’intesa tra l’istituto, l’associazione Officine culturali, il comitato popolare Antico Corso e il Centro speleologico etneo.
«Possiamo affrontare lo studio della Seconda guerra mondiale grazie a qualcosa che è dentro la nostra scuola», afferma la dirigente Maria Giuseppa Lo Bianco. «Si può avviare la creazione di un laboratorio museale». Il liceo ha avanzato una richiesta di finanziamento al ministero dell’Istruzione e l’università etnea, con il suo dipartimento di Scienze umanistiche, guarda con interesse all’iniziativa. A essere coinvolti saranno ragazzi del terzo anno che, fino al momento del diploma, potranno formarsi all’interno del laboratorio. E avviare un progetto di alternanza scuola-lavoro.
Al termine del conflitto, numerosi rifugi sono scomparsi dalla memoria dei catanesi. Da qualche anno Franco Politano del Centro speleologico ha avviato una campagna di ricognizione per riportarli alla luce. «È la realizzazione di un mio sogno – afferma con un pizzico di emozione Politano – Rendere accessibile questo rifugio, l’unico con queste tipologie, rimasto indenne». E lancia agli studenti del Boggio Lera quasi una sfida: allargare il processo di studio anche alle altre strutture presenti in città.
«Un rifugio serve a costruire un futuro. Anche la città ha bisogno di ricostruire il passato», afferma Salvo Castro del comitato Antico Corso. «Abbiamo una grande opportunità – dice Ciccio Mannino, presidente di Officine culturali – Abbiamo la possibilità di aprire questo scrigno che rappresenta un pezzo di storia molto lontana che ha fortemente influenzato la nostra città». Compito degli studenti sarà trovare i testimoni ancora viventi di quei drammatici momenti e avviare un processo di approfondimento e rielaborazione.
Secondo Luciano Granozzi, docente del Disum, l’iniziativa portata avanti nel liceo di via Vittorio Emanuele può essere «utile per cambiare idea della storia nella scuola – sostiene – Ci vuole grande attenzione alle tracce. È una materia appassionante perché spesso divide, è scomoda». Quello dei rifugi utilizzati durante la guerra «è un tema difficile, ma appassionante. Quello che avete – continua – è un luogo della memoria». E quando il progetto entrerà in funzione a pieno regime, «avremo la possibilità di dimostrare cosa è davvero un museo: un centro di ricerca, un luogo che vive, con persone che lo arricchiscono continuamente».