Sta facendo molto rumore l’operazione Aquila nera disposta dalla Procura della Repubblica de L’Aquila ed eseguita dai Carabinieri dei Ros di Roma, che ha smantellato un gruppo clandestino neofascista denominato Avanguardia ordinovista – che puntava alla ricostituzione di Ordine nuovo.
Sui giornali nazionali online, tra le città coinvolte nel blitz si parla anche di Palermo. Il che è vero, ma solo relativamente. Non ci sono stati arresti nel capoluogo siciliano.
Contattati da Meridionews, i Ros di Roma, specificano che l’unico nesso con la Sicilia è il luogo di nascita di uno degli arrestati e di un paio di indagati.
Si tratta di Emanuele Pandolfina Del Vasto, classe 1963, di Palermo, ma residente a Pescara, che è finito in manette.
Mentre tra gli indagati figurano Giuseppa Caltagirone, nata a Casteldaccia (nel palermitano) ma residente a Como e Giovanni Trigona, nato a Palermo e residente a Lodi.
Le città coinvolte dal blitz sono, come si legge nel comunicato stampa ufficiale,sono: Chieti, Pescara, L’Aquila, Teramo, Padova, Milano, Como, Varese, Lodi, Pavia, Roma, Rieti, Ferrara, La Spezia, Gorizia, Ascoli Piceno, Napoli, Sassari, Modena, Napoli, Udine e Torino.
Quattordici in tutto gli arresti, ma gli indagati sono più di 40. Nell’ordinanza di custodia cautelare si contestano i reati di associazione con finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine democratico e associazione finalizzata all’incitamento, alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi, e tentata rapina.
Secondo gli investigatori l’organizzazione era guidata da Stefano Manni, 48 anni, originario di Ascoli Piceno, che si occupava del proselitismo e del reperimento dei fondi e che vanta un legame di parentela con Gianni Nardi, terrorista neofascista.
In conferenza stampa il generale Mario Parente, Comandante Nazionale dei Ros, e il Procuratore della Repubblica dell’Aquila, Fausto Cardella, hanno dichiarato che il gruppo avrebbe «utilizzato il web ed in particolare il social network Facebook come strumento di propaganda eversiva, incitamento all’odio razziale e proselitismo».
Il piano degli indagati, «era basato su un doppio binario: da un lato atti destabilizzanti da compiersi su tutto il territorio nazionale e dall’altro un’opera di capillare intromissione nei posti di potere, tramite regolari elezioni popolari con la presentazione di un loro nuovo partito».
Un nuovo partito, manco a dirlo, nazionalista. Tra gli indagati, infatti, anche Rutilio Sermonti, considerato una delle figure più note nel panorama degli intellettuali di estrema destra. Scrivono i Ros: «Sermonti fornisce sostegno ideologico alla struttura avendo inoltre redatto un documento denominato “Statuto della Repubblica dell’Italia Unita” che rappresenta una nuova Costituzione della Repubblica nella quale viene tracciato il nuovo ordine costituzionale della nazione esplicitamente ispirato all’epoca fascista. E incita i sodali del gruppo all’offensiva».
L’organizzazione, secondo gli inquirenti, progettava azioni violente nei confronti di obiettivi istituzionali, tentando di reperire armi attraverso rapine o approvvigionamenti dall’estero e utilizzando i social network per la propaganda. Nel mirino del gruppo eversivo oltre, a Prefetture, Questure e uffici di Equitalia, anche magistrati e uomini politici senza scorta.
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