A dare uno scossone alla vicenda della piccola Diana è stata la scelta della famiglia di consegnarne la storia ai media. Malgrado le visite extra ambulatorie, le chiamate inaspettate e la gara di solidarietà messa in moto, gli ostacoli restano. Specie sul fronte Inps: «Lì non le contemplano neanche le patologie senza diagnosi»
Bimba con malattia rara, il caso arriva al Bambin Gesù «Siamo ancora in buio diagnostico, si va per esclusione»
«Il nostro buio diagnostico continua a procedere per esclusioni. Finora sappiamo tremila cose che Diana non ha, ma non si sa ancora cosa abbia». Continuano a restare senza risposte né certezze i genitori di Diana, la bimba di tre anni affetta da una patologia rara non diagnosticata e che questa settimana è stata presa in carico dall’ospedale pediatrico Bambin Gesù di Roma per iniziare un nuovo percorso clinico. L’unica cosa scoperta ad oggi, dopo i primissimi malesseri già a venti giorni dalla nascita, è l’anomalia di un cromosoma che parla solo attraverso i sintomi che provoca nella bambina: la compromissione del sistema immunitario, l’estrema delicatezza dell’apparato respiratorio con propensione a infezioni e polmoniti ricorrenti, e l’ipotonia assiale, la perdita cioè del tono muscolare, circostanza che la rende più esposta a lussazioni e slogature. La «bambina molla», la chiamano scherzosamente i suoi, che cercano di ammorbidire il più possibile i nodi della vicenda: «La mancanza di diagnosi complica alle stelle la vita dell’ammalato e di chi se ne prende cura».
Malgrado due percorsi clinici distinti, uno all’ospedale dei Bambini e l’altro al Cervello, lungaggini burocratiche, silenzi e non risposte hanno la meglio. Solo consegnare la storia di Diana ai media riesce a smuovere la situazione, innescando visite extra ambulatorie, telefonate inaspettate e prese in carico in ospedali pediatrici più all’avanguardia, come appunto quello romano. Oltre a una gara di solidarietà che ha fatto sentire meno sola la famiglia della bimba, ma anche più informata rispetto ad alcune alternative, in fatto di centri di cura a cui rivolgersi, di cui non avevano sentito parlare prima. Gli ostacoli, però, continuano ad esserci. «È arrivata una lettera dell’Inps: l’invalidità non è stata riconosciuta – malgrado sollecitazioni e richieste della pediatra della bimba -. Pare che non sia stata riconosciuta nemmeno la 104», racconta mamma Valeria.
«Purtroppo me l’aspettavo – continua -. Il tipo di valutazione fatta non era quello giusto, le malattie senza diagnosi non sono nemmeno contemplate dall’Inps, mentre invece a mio avviso dovrebbero avere una via prioritaria». La famiglia, che per arrivare all’ente di previdenza sociale ha dovuto attendere ulteriori lungaggini burocratiche che hanno esteso a dismisura la tempistica ufficiale che dovrebbe essere garantita, per norma, a ciascuno, pensa adesso a iniziative di sensibilizzazione e a un’istanza specifica e mirata nei confronti proprio dell’Inps. «Sarebbe interessante scavare a fondo e capire perché il sistema funzioni così. Se ci sono negligenze interne, allora paghi chi deve pagare – dice la mamma -. Se invece anche il personale è vittima di errori amministrativi e burocratici, che si cerchi di capire l’origine del problema in modo da risolverlo».
Intanto, questa settimana il ricovero a Roma. La risonanza magnetica non ha evidenziato nulla, a parte una sinusite. I medici escludono perciò che l’ipotono, il fatto cioè che la piccola sembri quasi molla, possa dipendere da un fattore neurologico. Cambia la terapia respiratoria e il prossimo controllo è fissato fra sei mesi. I genitori, intanto, aspettano ancora di conoscere gli esiti di alcuni esami fatti a novembre, mentre continua a «non avere appigli ufficiali per fare ricorso per la 104».