Bilanci, nominati i commissari per 256 Comuni «Legge assurda, più tasse per trovare risorse»

A fine novembre 256 Comuni siciliani devono ancora approvare i bilanci di previsione, cioè il documento in cui si programma come spendere i soldi per l’anno solare. Scaduta anche l’ennesima proroga che aveva portato il limite al 30 settembre 2015, la Regione ha nominato i commissari che dovranno prima sollecitare e, in caso di necessità, sostituire giunte e consigli comunali. Il 65 per cento degli enti locali dell’Isola è inadempiente. E tra questi ci sono tutti i capoluoghi, a eccezione di Ragusa. «Colpa di una legge nazionale assurda e dell’Ars che l’ha recepita quest’estate alla cieca», spiega Paolo Amenta, vicepresidente dell’Anci Sicilia. 

I commissari inviati dalla neo assessora alla Funzione pubblica, Luisa Lantieri, dovranno in un primo momento verificare se siano stati predisposti dagli uffici comunali gli schemi per il bilancio. I passaggi successivi saranno diffidare i sindaci a convocare la giunta per gli adempimenti di competenza, ottenere il parere dei revisori dei conti e convocare il consiglio comunale che avrà al massimo un mese di tempo per deliberare dal momento in cui il documento arriverà in aula. I commissari potranno nelle varie fasi sostituirsi sia ai primi cittadini che alle assemblee. In quest’ultimo caso, i consigli andrebbero incontro allo scioglimento. 

«Per trovare le risorse necessarie a far quadrare i bilanci – spiega Amenta – i commissari avranno libertà di alzare le tasse». Per i consigli comunali oltre il danno anche la beffa. Non solo non potranno incidere sulla reale programmazione della spese, essendo ormai a novembre tutte le somme impegnate, ma si troveranno pure davanti a un bivio: accettare le proposte presumibilmente impopolari dei commissari, o farsi sciogliere. Secondo il vicepresidente dell’Anci, la colpa è da individuare nell’approvazione delle nuove norme di armonizzazione finanziaria. Una legge del governo Renzi che impone ai Comuni di trovare la liquidità per creare un fondo di garanzia a tutela dell’evasione che, storicamente, è molto alta in Sicilia. «Questo significa – precisa Amenta – che un Comune che dovrebbe incassare due milioni di tributi, ma ha un milione di evasione, deve mettere da parte il 36 per cento (è la percentuale fissata per legge ndr) di questo milione. Il tutto alla luce dei tagli dell’ultimo anno da parte della Regione, del 20 per cento, e dello Stato, un altro 15 per cento». 

Attualmente circa 50 comuni hanno dichiarato il dissesto, il pre dissesto o attendono che il piano di riequilibrio venga approvato. Mentre, come detto, la Regione ha inviato i commissari in 256 Comuni, così ripartiti: ad Agrigento 29, Enna 15, Messina 69, Palermo 60, Ragusa 7, Siracusa 13, Trapani 20 e Catania 43. «Questa legge – continua Amenta – è stata recepita dall’Ars a luglio in fretta e furia senza capirne la gravità, noi come Anci avevamo chiesto di aspettare perché eravamo consapevoli delle conseguenze, invece la Regione continua a camminare al buio, recependo leggi e norme senza pensare alla catastrofe che produce nei territori». 


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