Il vicepresidente della commissione Claudio Fava e il M5s hanno portato il caso dell'intercettazione Bianco-Ciancio a palazzo San Macuto. Durante la riunione con la presidente Rosy Bindi, è stata ufficializzata la richiesta dei fascicoli alla procura di Catania. Sulla base dei quali si deciderà se sentire il sindaco etneo
Bianco davanti a commissione antimafia? La decisione dopo aver letto i documenti
Il sindaco di Catania Enzo Bianco potrebbe doversi presentare davanti alla commissione antimafia per l’intercettazione con Mario Ciancio Sanfilippo. La richiesta, sostenuta dal vicepresidente Claudio Fava e dal Movimento 5 stelle, è arrivata durante l’ultima riunione dell’ufficio di presidenza, avvenuta questo pomeriggio alle 16. L’eventuale audizione è vincolata alla lettura integrale del contenuto della conversazione. Un documento che i vertici della commissione nazionale hanno chiesto di acquisire. Insieme agli altri fascicoli della procura di Catania. Si tratta dei 47 faldoni legati alle indagini per concorso esterno alla mafia che riguardano l’editore e direttore del quotidiano La Sicilia.
Già la scorsa settimana la commissione aveva avuto all’ordine del giorno la conversazione telefonica – avvenuta il 18 aprile 2013 – tra il primo cittadino etneo, all’epoca candidato, e il noto imprenditore, già indagato. La seduta, però, era stata rinviata a oggi. A prendere parte alla riunione la presidente Rosy Bindi, il vicepresidente Fava e i capigruppo. «Abbiamo deciso di acquisire gli atti riguardanti la vicenda Ciancio e l’intercettazione con Bianco», afferma Claudio Fava. A questo punto i membri dell’ufficio di presidenza dovranno prendere visione dei documenti dei magistrati e decidere se chiedere ulteriori chiarimenti al sindaco etneo. La richiesta sull’eventuale audizione è stata avanzata già questo pomeriggio, sia da Fava sia dalla deputazione pentastellata alla commissione camerale. I tempi potrebbero però allungarsi fino all’inizio del 2016, poiché sono legati all’attività parlamentare. Che nelle prossime settimane si preannuncia densa: tra l’approvazione del patto di stabilità e le riforme costituzionali.
La notizia della telefonata è stata pubblicata in esclusiva su MeridioNews nelle scorse settimane. Il giorno dopo l’approvazione in consiglio comunale del Pua – il mega progetto da 300 milioni di euro che dovrebbe stravolgere il volto della Playa di Catania – l’allora candidato Enzo Bianco chiama l’imprenditore Mario Ciancio. Secondo quanto riportato dai militari del Ros, in quello scambio di battute Bianco parla dell’andamento del voto, ricordando a Ciancio come tutto sia andato come previsto. Il collegamento con il Pua viene fatto direttamente dai carabinieri. Secondo i quali in quel colloquio emergerebbe la soddisfazione di Ciancio per «la serietà di Bianco nell’impegno assunto nei suoi riguardi». In quella telefonata, i due accennano anche all’astensione di un certo D’Agata. Identificato dai magistrati in Rosario D’Agata, attuale assessore all’Ambiente e, all’epoca dei fatti, uno dei tre consiglieri comunali a non aver votato.
A pesare sul Pua è anche l’ombra della mafia. L’unico progetto per la sua realizzazione è quello presentato dalla società Stella polare srl. Fondata nel 2005 da tre soci: il veronese Lorenzo Bissoli e i catanesi Salvatore Modica e Francesco Strano. I rapporti di Bissoli con l’imprenditore autonomista Mariano Incarbone – condannato in Appello per associazione mafiosa – erano entrati nella sentenza di condanna in primo grado dell’ex governatore della Regione Sicilia Raffaele Lombardo. Modica e Strano avrebbero invece, in modo diverso, legami con il clan Laudani e la famiglia Santapaola-Ercolano.
Nonostante a chiedere chiarezza siano stati in molti – tra società civile e mondo politico – Enzo Bianco ha affidato la sua unica replica a un comunicato stampa. In cui, però, non fa nessun riferimento al contenuto della telefonata. Né, tantomeno, si fa il nome di Mario Ciancio Sanfilippo. Un silenzio che si è concretizzato nella scelta del primo cittadino di sottrarsi alle domande dei giornalisti nei giorni successivi alla pubblicazione della notizia.