Giuseppe e Vito Amoroso, l’avvocato e suo fratello. Nella «città blindata» di Biancavilla ci sono volute tre inchieste diverse, una dopo l’altra, per fotografare la nuova situazione della criminalità organizzata. Così al vertice del gruppo di Cosa nostra biancavillese ci sarebbero stati i due fratelli Amoroso, appunto, rispettivamente classe 1967 e 1972, entrambi pregiudicati, in grado di organizzare le squadre sul territorio. In manette stamattina sono finite 16 persone (delle quali dieci già in carcere), accusate a vario titolo di associazione a delinquere di stampo mafioso, associazione finalizzata al traffico e allo spaccio di sostanze stupefacenti e al porto e alla detenzione illegale di armi. Per la procura di Catania, che si è avvalsa delle dichiarazioni di sei pentiti, sono tutti vicini al clan Tomasello-Mazzaglia-Toscano.
Le indagini cominciano nel lontano 2014, quando nel territorio pedemontano vanno in scena – uno dopo l’altro – gli atti di una guerra intestina mirata al potere: il 13 gennaio il pregiudicato Agatino Bivona viene ucciso a colpi di pistola e, due giorni dopo, la stessa sorte tocca a Nicola Gioco, detto ‘u picciriddu, raggiunto dai sicari mentre si trova all’interno della sua autovettura. A marzo di quell’anno Giuseppe Amoroso (l’avvocato, appunto) viene scarcerato e messo ai domiciliari a casa dei genitori. È lì che comincia a ricevere le visite di Giovanni Carciotto e Gregorio Gangi, suoi fedelissimi, con i quali avrebbe cominciato a discutere della possibilità di riorganizzare un gruppo sul territorio. Ci vuole poco perché a raggiungerli, a luglio, ci sia Vito Amoroso, anche lui uscito di galera e sottoposto ai domiciliari.
Il ritorno dei due fratelli Amoroso, e in particolare di Vito, secondo la ricostruzione degli inquirenti avrebbe messo in allarme la famiglia Maglia (anche loro affiliati ai Tomasello-Mazzaglia-Toscano e anche loro legati alla famiglia mafiosa catanese Santapaola-Ercolano), che avrebbe deciso di ucciderlo. Il proposito omicidiario, però, si sarebbe fermato il 6 ottobre 2014: gli uomini del commissariato di Adrano fermano un commando e non si consuma alcun delitto. L’inchiesta delle forze dell’ordine, comunque, continua fino all’anno dopo: nel 2015 un sequestro di cocaina, munizioni da fucile calibro 12 e una pistola calibro 7.65 Browning nascosti in un terreno di contrada Sant’Antonio (sempre a Biancavilla) conferma agli investigatori la strada seguita e l’esistenza di un clan al cui vertice sarebbero stati i fratelli Amoroso.
Il 10 gennaio 2016 un nuovo spartiacque: un tentato omicidio ai danni di Giuseppe Amoroso. Monitorando lui e i suoi uomini più fedeli (Gregorio Gangi, Roberto Licari, Vincenzo Panebianco e Riccardo Pelleriti), i militari ritrovano – il 9 giugno 2016 – un vero e proprio arsenale: una mitraglietta calibro 7.65, una pistola marca Glock, quattro pistole a tamburo di vario calibro oltre che diverse munizioni. Tutte nascoste in un terreno di contrada Don Assenzio, a Biancavilla. Tre mesi dopo, il 19 settembre 2016, Giuseppe Amoroso e Gregorio Gangi finiscono in manette: arrestati in flagranza per il reato di estorsione aggravata ai danni del bar Le carillon. Poco prima della fine dell’anno, in conclusione, scatta la prima delle due operazioni che delineano i contorni della malavita di Biancavilla: Onda d’urto (dicembre 2016, 12 arrestati) e Reset (aprile 2017, 6 arrestati). Oggi il blitz Città blindata. Agli arresti c’è anche Marcello Merlo, classe 1960, tra il 1993 e il 1994 sindaco di Biancavilla con Rifondazione comunista.
I nomi degli arrestati
Giuseppe Amoroso, classe 1972;
Vito Amoroso, classe 1967;
Giovanni Carciotto, classe 1984;
Tino Caruso, classe 1978;
Gregorio Gangi, classe 1989;
Alberto Gravagna, classe 1985;
Roberto Licari, classe 1987;
Andrea Monforte, classe 1982;
Alfio Ambrogio Monforte, classe 1969;
Alfio Muscia, classe 1978;
Vincenzo Panebianco, classe 1990;
Riccardo Pelleriti, classe 1995;
Placido Ricceri, classe 1986;
Carmelo Vercoco, classe 1973;
Massimo Merlo, classe 1972;
Marcello Merlo, classe 1960.
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