Beppe Severgnini: La testa degli italiani

Musica , poesia, lettura, un pubblico attento e divertito. Questi gli aspetti che hanno fatto da sfondo alla conferenza di Beppe Severgnini per la presentazione del suo ultimo libro “La testa degli italiani”.

L’atmosfera è abbastanza informale. Più che una conferenza sembra una “conversazione in famiglia”, come la definisce l’autore. Si articola infatti attraverso una serie di domande poste dal prof. Domenico Cacopardo, presidente dell’ A.P.I.T. di Siracusa, attraverso le quali vengono esposti alcuni punti nodali del libro.
Comincia il viaggio nella testa degli italiani. E’ un viaggio insidioso, a tratti contraddittorio che Severgnini intraprende con ironia.

La prima tappa è l’intelligenza: “Il popolo italiano vuole essere intelligente a tempo pieno”. Nella testa di un italiano può infatti nascere un ragionamento anche di fronte ad un semaforo rosso poiché quest’ ultimo non viene considerato un semplice divieto ma  un “rosso relativo”.

Il pubblico è presente,l’attenzione viva, i sorrisi non mancano. Poi il presente lascia il posto al passato. La mente corre ai grandi della letteratura italiana, alla storia, al popolo siciliano. Nella sala echeggiano alcuni passi tratti dal Gattopardo, recitati dalla giovane Maristella Marino. Il confronto tra siciliani e italiani è inevitabile: due entità uguali e diverse allo stesso tempo, entrambe accomunate da due fattori: genio e regolatezza.

Alla domanda del prof. Cacopardo se esiste una patologia dell’intelligenza, Severgnini risponde in modo affermativo sostenendo, dinnanzi ad ascoltatori compiaciuti e orgogliosi della propria terra , che il problema è particolarmente sentito in Sicilia poiché i siciliani sono uno dei popoli più intelligenti.
Il viaggio continua attraverso alcune “regioni” che marcano l’identità degli italiani come la sindrome di mammismo, la famiglia  “banca che da prestiti senza interessi”  che funziona ancora bene anche se a volte imperfetta. A Severgnini non sfugge di elogiare la gioventù alcolica che beve per il piacere di bere e non per ubriacarsi.

Un intermezzo musicale precede le considerazioni sulla situazione politica italiana. Non mancano i riferimenti a Berlusconi come prototipo degli italiani e le riflessioni su un’ Italia che appare stanca, quasi rassegnata, priva di entusiasmo. Nonostante l’argomento sia di un certo spessore Severgnini non perde mai la sua carica ironica definendo l’atteggiamento degli italiani dinnanzi alla politica come  malato del “complesso di Zorro”. Gli applausi sono spontanei.

Dopo la poesia di Lucio Piccolo che dà modo di esporre alcune considerazioni sulle condizioni del clima italiano e  dopo una breve riflessione sulla scuola che l’autore definisce nel suo libro “un laboratorio di ricordi condivisibili”, il prof. Cacopardo conclude insistendo su alcuni ossimori considerati i migliori strumenti per definire gli italiani. Faticoso cinismo, brillante imperfezione sono alcuni esempi per capire quanto sia grande la difficoltà nel cogliere l’essenza del popolo italiano. Ecco perché “l’Italia ci manda in bestia nel giro di dieci minuti”.

Alla fine della conferenza provo ad avvicinarmi a Severgnini. Vorrei porgli alcune domande anche se non sembra un’impresa facile dal momento che è attorniato da decine di persone. Riesco nel mio obiettivo. Mi concede qualche minuto del suo tempo.

Il giudizio nei confronti della televisione italiana è spesso negativo. Numerose sono le storture  che si colgono nei programmi televisivi. Qual è allora l’opinione di un uomo che sta dentro la televisione e che svolge un ruolo attivo nel mondo della comunicazione?
A me sembra di vedere un servizio pubblico che ha quasi abdicato al ruolo di servizio pubblico. Quando l’unico metro sono gli ascolti vuol dire che devi usare qualsiasi strumento. Io aspetto che i reality diventino più truculenti. Immagino già di vedere gente che ha il coraggio di mangiare vermi ed escrementi. Ci sono cose che non possiamo immaginare ma tutto ciò che attira la gente verrà usato. In Italia siamo ancora fermi all’aspetto sessuale:  l’uso che viene fatto delle donne giovani in Italia lo trovo offensivo. Sono stupito che le donne lo accettino. Chiare le conseguenze, anche sul modo in cui verranno trattate nel lavoro e nelle università. Un errore di prospettiva insomma. Non crediate che tutti i maschi riescano a distinguere le letterine, letteronze, veline dalla collega che porta la minigonna il giorni dopo. E’ un problema. Inoltre le trasgressioni naturale propria della generazione dei ragazzi sono sfinite dalla grande melassa televisiva. Per trasgredire allora si cerca qualcosa di più pericoloso. Vedo la televisione diseducativa. Non voglio una televisione pedagogica,mi accontento che non sia diseducativa.

Su quali basi fonda il suo lavoro di giornalista e scrittore?
Una volta fecero questa domanda ad un mio collega inglese che rispose in latino: umani nihil a me alieno puto. Io non risponderei così.
Ciò che io voglio dire riguarda molto gli italiani e il nostro modo di convivenza. Amo molto il mio paese, avendo viaggiato molto,  sono in grado di fare confronti. Per fare questo uso mezzi diversi: televisione, conferenza in pubblico, giornali e stasera ho parlato anche di un libro. In una giornata normalissima posso frequentare tutti i mezzi possibili. Tutto dipende dal mezzo che uso e da ciò che faccio. Se usassi la televisione per ballare il mambo vuol dire che sono completamente rincretinito. Ma se in tv si vede lo stesso che ha letto in un libro allora va bene.

Quale consiglio darebbe ai giovani che vorrebbero intraprendere la carriera giornalistica?
Il primo consiglio è non fatelo, il secondo è non date retta al mio consiglio. Io sono stato sconsigliato. Ho ancora le lettere di rifiuto che mi sono arrivate a 21 anni da quasi tutti giornalisti italiani. Le ho incorniciate nel mio studio come monumento alla mia testardaggine. Quindi siate testardi, non date retta a quelli con i capelli grigi che dicono di non farlo. Ricordate solo che nel giornalismo occorrono predisposizione, tantissimo lavoro, tanta lettura, fantasia e tenacia e tutto questo non è sufficiente se non si ha fortuna. Se questo non basta a scoraggiarvi allora fatelo.


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