Lo ha proposto il direttore dell'Agenzia nazionale per i beni confiscati, Umberto Postiglione: «Per risolvere il problema degli alloggi e dare un segnale di legalità». Ma l'idea della vendita degli immobili che furono della mafia non riscuote grande successo: «Si snelliscano le procedure di assegnazione»
Beni confiscati, «vendere alla Cassa depositi» Comuni e associazioni: «Uno spreco di tempo»
Vendere i beni confiscati alla Cassa depositi e prestiti e usare i soldi ricavati per affrontare l’emergenza abitativa in Italia. La proposta, secondo quanto riporta l’agenzia Ansa, l’avrebbe formulata ieri mattina Umberto Postiglione, direttore dell’Agenzia nazionale per i beni confiscati. «Attraverso questo sistema forse si potrebbe risolvere il problema dell’assegnazione degli alloggi», avrebbe detto il prefetto nel corso di un’audizione a Palermo, alla Commissione regionale antimafia presieduta da Nello Musumeci. Tra un commento sul presidente di Confindustria Sicilia Antonello Montante – forse indagato dalla procura di Caltanissetta per presunti contatti con la criminalità organizzata – e l’altro, Postiglione avrebbe affermato: «Così diamo un segnale concreto di legalità». Perché il cuore della sua idea sarebbe di vendere gli immobili che furono della mafia alla società che gestisce i risparmi degli italiani e, con l’incasso, finanziare la sistemazione di «alloggi di superfici idonee». «Ma che senso ha? Perché non assegnare ai Comuni direttamente le case?», si domanda il vicepresidente dell’Associazione nazionale Comuni italiani, il canicattinese Paolo Amenta.
Al centro delle perplessità legate alla proposta di Postiglione ci sarebbero i tempi già lunghi, lunghissimi, per l’assegnazione di un bene confiscato. In questo modo, alla richiesta di affidamento dei beni si sostituirebbe quella di richiesta di finanziamento. «Mi pare quantomeno una dichiarazione creativa», risponde Giovanni Caruso, dell’associazione Gapa e responsabile della redazione catanese del giornale I Siciliani giovani, ispirato al lavoro del cronista vittima della mafia Giuseppe Fava. Era stato Caruso che, in occasione della presentazione del regolamento del Comune di Catania per l’affidamento dei beni confiscati, aveva fatto presenti all’amministrazione etnea i suoi dubbi: «La proposta di Postiglione, detta così, senza nessun approfondimento, potrebbe pure sembrare interessante. Il primo dubbio che mi viene in mente: la Cassa depositi e prestiti, innanzitutto, questi beni dovrebbe avere voglia di comprarli – inizia Giovanni Caruso – E poi rimane la questione dell’emergenza abitativa: guardiamo Librino, con tutte quelle case popolari costruite, abbandonate, in alcuni casi occupate». Piuttosto che vendere i beni confiscati, sarebbe il caso di «darli, e anche in fretta: se sono già appartamenti, si usino a quel fine. Il recupero come abitazioni potrebbe, forse, essere più veloce. La questione della vendita, invece, potrebbe generare problemi di trasparenza nell’assegnazione dei fondi relativi».
«La proposta di per sé avrebbe anche senso. Dico, quella di usare i beni confiscati per obiettivi residenziali», risponde Paolo Amenta dell’Anci. «Non capisco, però, perché aggiungere il passaggio della vendita alla Cassa depositi e prestiti – continua – Le procedure per ottenere l’assegnazione di un bene sono enormi, e molte volte piccole associazioni prendono in gestione immobili giganteschi, per occuparne giusto un paio di stanze da riempire con qualche sedia per le riunioni. Perché?». L’ideale, secondo il sindaco di Canicattini Bagni, sarebbe «usare parte dei finanziamenti europei per istituire un micro-fondo, con il quale i Comuni – che soldi non ne hanno – potrebbero ristrutturare gli appartamenti confiscati e adeguarli alle esigenze di chi ci vorrà vivere». Nessuna vendita, quindi, «ma solo una responsabilizzazione per gli enti locali». A suo avviso, passare dalla Cassa depositi e prestiti servirebbe solo ad «alimentare un gioco di scatole cinesi». «Bisogna essere pratici e smettere di perdere tempo – conclude il vicepresidente dei sindaci isolani – Si vogliono dare case alle famiglie che ne hanno bisogno? Benissimo, si snelliscano le procedure, si affidino le residenze ai Comuni e basta. Noi le graduatorie le abbiamo già. Se gli edifici vanno adeguati, con un poco dei contributi europei si adeguino. Perché questa voglia di complicare le cose che, invece, andrebbero semplificate?».