Beni confiscati, «riforma non più rinviabile» L’appello delle associazioni e della società civile

L’inchiesta della Procura di Caltanissetta sulla gestione dei beni confiscati alla mafia sta scatenando un terremoto e facendo tremare il palazzo di giustizia di Palermo. Dopo Silvana Saguto, infatti, altri tre magistrati palermitani sarebbero finiti nell’inchiesta nissena che sembra allargarsi velocemente.  Non tardano ad arrivare le prime reazioni, soprattutto da quella parte di società civile da sempre schierata in prima fila in difesa dei principi di legalità e giustizia. Per il presidente di Libera, don Luigi Ciotti, pur con la cautela necessaria per fatti ancora al vaglio degli inquirenti, il quadro che sta emergendo è «allarmante». «Da tempo – dice – Libera insiste sulla necessità di rinnovare e anche di ripensare l’antimafia, ripulirla dalle zone d’ombra, dagli usi strumentali, dai collegamenti col malaffare, con la corruzione e in certi casi con le stesse mafie». 

Sulla gestione dei beni sottratti a Cosa nostra, Libera da tempo ha presentato diverse proposte volte a garantirne l’effettivo riutilizzo, velocizzare i tempi dell’iter amministrativo, dal sequestro all’ assegnazione, e colmare i vuoti organizzativi e di personale degli uffici preposti. «All’ interno di queste proposte, attualmente ferme in Commissione Giustizia alla Camera, una riguarda proprio la figura chiave dell’amministratore giudiziario – afferma – per la quale riteniamo urgente istituire un albo. Quello che sta emergendo in Sicilia, quadro già denunciato a suo tempo dal Prefetto Caruso, ex direttore dell’Agenzia nazionale dei beni confiscati davanti alla Commissione antimafia è un’ulteriore riprova della loro urgenza. Ora aspettiamo che la politica rompa gli indugi – aggiunge – e ponga concretamente mano a quelle modifiche».

Dello stesso avviso il presidente del Centro Pio La Torre, Vito Lo Monaco, che in attesa che le indagini facciano chiarezza rinnova l’invito a tutte le Procure ad adottare «il sistema (già uso in alcune) di un albo specifico di amministratori giudiziari di beni sequestrati e confiscati ai mafiosi dal quale attingere con rigoroso e trasparente metodo della rotazione degli incarichi e del divieto di accumulo immotivato degli stessi». Non più rinviabile per Lo Monaco l’urgenza della riforma della governance democratica dell’Agenzia dei beni confiscati: «Ormai riteniamo non più rinviabile – sottolinea – coinvolgere nella formulazione degli indirizzi generali le organizzazioni del lavoro e delle imprese, degli enti locali, delle associazioni antimafia storicamente sperimentate ed escluderle tassativamente dalla gestione diretta dell’Agenzia per possibili conflitti d’interesse».

E dal mondo della politica, tra i primi a prendere posizione è stato i segretario nazionale di Italia dei Valori Ignazio Messina che ha lanciato un appello: «Nella gestione dei beni sequestrati si garantisca la massima trasparenza. Si faccia subito piena chiarezza su quanto accade a Palermo».


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Dopo l'indagine della Procura nissena che ha investito il Tribunale di Palermo, tante le reazioni da parte delle organizzazioni impegnate in prima fila contro la mafia. Per il presidente di Libera, don Luigi Ciotti, il quadro che sta emergendo è «allarmante e occorre una rivoluzione dell'intero sistema». A fargli eco, il numero uno del centro Pio La Torre, Vito Lo Monaco: «Serve un albo specifico degli amministratori giudiziari»

Dopo l'indagine della Procura nissena che ha investito il Tribunale di Palermo, tante le reazioni da parte delle organizzazioni impegnate in prima fila contro la mafia. Per il presidente di Libera, don Luigi Ciotti, il quadro che sta emergendo è «allarmante e occorre una rivoluzione dell'intero sistema». A fargli eco, il numero uno del centro Pio La Torre, Vito Lo Monaco: «Serve un albo specifico degli amministratori giudiziari»

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