Beni confiscati, hotel risanato modello gestione  «Critiche costruttive se si basano su fatti reali» 

«Dobbiamo dimostrare che in Sicilia la possibilità di lavorare c’è, risolvendo i costi della legalità, ma la risposta può non piacere ai lamentatori professionisti. Le critiche sono costruttive se si basano su fatti reali, ma bisogna tenere conto di un fattore: se gli immobili confiscati sono difficili da vendere, per le aziende il codice antimafia prescrive che vadano vendute o consegnate alla cooperativa di lavoratori esistente al momento del sequestro, cosa che sembra facile, ma conosciamo tutti i metodi della criminalità organizzata e in questo la storia della Riela è stata esemplare, con i figli del proprietario impiegati nella stessa azienda e gli amministratori giudiziari che mettevano piede solo formalmente». Così Umberto Postiglione, direttore dell’Agenzia nazionale dei beni confiscati, nel corso del convegno Dalla confisca dei beni all’accoglienza turistica. Viaggio dell’ANBSC nel mondo delle aziende, organizzato al San Paolo Palace, uno degli hotel risanati dopo la confisca e ora con un bilancio in attivo.
Poi Postiglione ha fornito alcuni dati: «Nei primi tre mesi del 2017 abbiamo consegnato in tutta Italia circa 1200 beni, oggi qui ne assegniamo circa 440 fra le province di Palermo, Trapani e Agrigento. Mediamente abbiamo dato tremila beni all’anno, contro una media precedente di 300 beni».

«Il San Paolo Palace di Palermo perdeva un milione e mezzo di euro l’anno, oggi è sempre pieno e con i soldi dell’agenzia abbiamo migliorato gli impianti, comprato nuovi televisori è rifatto un piano intero grazie agli arredi donati da sponsor privati. Io andrò in pensione dal primo maggio e prima vorrei lasciare un segno di speranza, oggi consegniamo 440 beni alla Sicilia occidentale, sono fiero di questo lavoro». Ha precisato il prefetto Postiglione. Al centro del convegno le storie di successo di alcune società siciliane del settore turistico-alberghiero sottratte alla criminalità organizzata di stampo mafioso, come l’hotel San Paolo Palace di Palermo, il Club Torre Xiare di Valderice, l’Hotel Sigonella Inn di Motta S. Anastasia e il Grand Hotel Mosè di Agrigento. Secondo i dati diffusi dall’agenzia nazionale, le aziende in gestione, sequestrate o confiscate anche in via non definitiva, sono 2710, di cui 295 sono alberghi e ristoranti. Di queste aziende, 1303 sono confiscate in via definitiva e il 10%, pari a 129, costituiscono attività ricettive. In Sicilia le aziende turistico- ricettive sono il 6 per cento delle imprese confiscate, anche in via non definitiva, e corrisponde a oltre il 13 per cento delle imprese confiscate nel resto d’Italia. Nel dettaglio, per quanto riguarda il fatturato del San Paolo Palace, dal 2014 al 2016, l’aumento è stato pari a 997.312,00 euro e per il 2017 si prevede un incremento di 422.788,00 euro. Una previsione di aumento dell’8 per cento è stata fatta anche per il fatturato dell’hotel villaggio Torre Xiare di Valderice (Trapani) che insieme confluiscono nel fatturato generale della Sea beach immobiliare S.r.l. Ha superato le criticità legate al sequestro anche il Grand Hotel Mosè di Agrigento, a 2 km dalla Valle dei Templi: nel dossier dell’agenzia si legge che «fatturava 710.043,75 euro, con l’avvento dello Stato ha raddoppiato fino a un rendimento di 1.509.087,07 euro e se al momento del sequestro contava 4 dipendenti oggi sono 18 e da albergo di seconda categoria a 3 stelle, oggi la struttura è diventata un 4 stelle di prima categoria».

«Questi 4 alberghi sono la dimostrazione che le aziende possono funzionare anche se sono confiscate – ha sottolineato Postiglione – a patto però che non ci siano situazioni per cui i criminali possano pre individuare i clienti». «Le consegne diventeranno sempre più frequenti – ha aggiunto Postiglione – perché abbiamo creato un nuovo sistema, la Conferenza dei servizi informatica che consente di mostrare i beni ai possibili destinatari e raccoglierne le volontà di assegnazione. Siamo la prima amministrazione ad averla utilizzata da quando, a metà del 2016, è stata inserita nel nostro ordinamento. Ai possibili assegnatari mandiamo la chiave d’accesso al nostro sistema open Re.g.i.o., in seguito facciamo valutare loro i beni chiedendo di farci avere una risposta nel giro di 45 giorni. E, se ci sono sovrapposizioni di richieste, convochiamo tutti gli interessati per sapere il fine a cui vogliono destinare il bene. Questo ha velocizzato di molto le tradizionali procedure».

Una soluzione percorribile può essere «inserire nel sistema la presenza di un gruppo di esperti – precisa – composto da manager, selezionati attraverso un bando nazionale, e in grado di capire se quella società può essere gestita nella legalità o condannata a morte – ha aggiunto Postiglione – Quando facciamo una confisca possiamo imbatterci in aziende che sono macchine per delinquere. In questo caso è inutile caricare il sistema nazionale degli ammortizzatori sociali con ulteriori costi. Assicuriamo solo un futuro ai lavoratori sani. Esistono società di Stato come Invitalia che sanno benissimo come procedere, perché non farlo e insistere a tenere aperta l’azienda? Perché l’azienda è un simbolo? Così diventerebbe solo un simbolo del disastro».


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