Dopo secoli in cui è stata prima smontato e poi perduto, torna al suo splendore uno degli artefatti più belli del convento catanese. Fondamentale il contributo dell'associazione Officine culturali e l'impegno di alcuni docenti che, da un anno, hanno organizzato iniziative e spettacoli per il recupero dell'opera
Benedettini, la fontana del chiostro torna in attività «Più di un anno di impegno ma ce l’abbiamo fatta»
La storia della fontana del chiostro dei Marmi ripercorre, nella sua complessità, quella del monastero dei Benedettini che la ospita ormai dal 1693. Smontata, perduta, ricomposta e ora, finalmente, tornata al suo splendore e perfettamente funzionante, grazie all’attenzione dei ragazzi dell’associazione Officine culturali e al professor Luciano Granozzi. Che, insieme, dopo circa un anno sono riusciti a riportare l’acqua all’interno del meccanismo al centro dello storico manufatto. «È partito tutto da uno spettacolo teatrale organizzato l’estate scorsa dal titolo Fonte a Ponente – racconta a MeridioNews Patricia Vinci, un’attivista di Officine culturali – una favola con personaggi bizzarri come un elefante e una rana. Volevamo raccontare la storia dell’edificio dei frati benedettini e quella della fontana affinché si potesse riaccendere il flusso». Un intervento di restauro realizzato da poche settimane per merito dell’apporto dato dal dipartimento di Scienze Umanistiche dell’ateneo catanese, che inaugurerà ufficialmente l’opera il prossimo 23 marzo.
La fontana è stata voluta alla fine del 1600 all’interno di uno dei chiostri dello splendido edificio che, un tempo, ospitava i religiosi ed è stata realizzata un mese prima del tragico terremoto che, nel 1693, rase al suolo buona parte della città di Catania. Compreso l’intera area dove era stata realizzata l’opera che, però, rimase illesa. Dopo la ricostruzione, facendo un balzo temporale, nel 1866 il monastero viene confiscato e diventa proprietà del Comune. Il chiostro, di conseguenza, viene adibito a palestra delle scuole che furono ospitate all’interno dell’edificio e, quindi, frequentato sia dagli studenti ma anche da altri cittadini. Ci fu, quindi, un «breve periodo di convivenza tra la fontana e gli attrezzi ginnici – continua Patricia – ma il Comune decide di smontarla pezzo per pezzo e di conservarla in attesa di tempi migliori». Ovvero di spostarla in un altro sito. «Doveva andare in piazza Cutelli ma si resero conto che sarebbe stata una spesa eccessiva – aggiunge ancora – e così, nel frattempo, i pezzi furono persi».
La fontana quindi sparisce nel nulla fino agli anni Settanta del Novecento quando il monastero viene ceduto all’università. «Mentre facevano dei lavori nel cortile Nord del monastero, dove c’è il banco lavico, gli operai recuperarono circa il 60% dei pezzi – chiarisce ancora Patricia – Non capirono subito che era la fontana, ma confrontando i blocchi con un disegno realizzato da un architetto capirono che si trattava proprio dell’opera perduta». Solo nel 2004 però l’ateneo decide di rimontarla, anche grazie a un finanziamento, riportandola al proprio posto dopo un restauro. «Mai più senz’acqua! – scrive orgoglioso su Facebook Luciano Granozzi – C’è voluto più di un anno (e persino uno spettacolo teatrale) per far ripartire questa fontana. Ma ci siamo riusciti».