La barba anti-amianto di Calogero Vicario: «Non la taglio finché non avremo i nostri diritti di lavoratori vittime»

La lunga barba bianca, come i capelli, è il segno tangibile della protesta di Calogero Vicario. Il coordinatore regionale dell’Osservatorio nazionale amianto (Ona) che da ex saldatore del polo petrolchimico di Priolo Gargallo ha i bronchi pieni della fibra killer che ha respirato per anni lavorando nelle industrie meccaniche della zona industriale di Siracusa. «Non taglio barba e capelli da quasi tre anni», racconta Vicario a MeridioNews. Precisamente, dal 3 luglio del 2020. Il giorno della sentenza d’Appello che, ribaltando quella di primo grado, ha deciso di non concedere il beneficio del prepensionamento a lui e ad altri nove colleghi che sono nelle sue stesse condizioni. Adesso, l’ultima parola toccherà alla Cassazione che è chiamata a pronunciarsi sulla vicenda venerdì 28 aprile. «Ironia della sorte – sottolinea Vicario – quella è la data della Giornata mondiale delle vittime dell’amianto. Subire, proprio in quel giorno, un’ulteriore beffa significherebbe non avere nessun rispetto non solo per noi ma nemmeno per tutte le vittime». Tra queste, ci sono anche una ventina di colleghi di Vicario morti a causa di patologie strettamente correlate all’amianto.

Il 28 aprile, l’ex saldatore 61enne – la cui barba, intanto è arrivata a misurare quasi 25 centimetri – attenderà il verdetto seduto sulle scalinate della Cassazione a Roma – dove l’udienza sarà a porte chiuse -, insieme alla figlia. Ispirato da Vincenzo Agostino – il padre dell’agente Nino Agostino, ucciso dalla mafia nell’agosto del 1989 insieme alla moglie incinta Ida Castelluccio – che si lascia crescere barba e capelli in attesa di verità e giustizia, anche Vicario ha deciso di fare lo stesso. «Assumendomi anche il rischio che la gente mi rida in faccia per il mio aspetto, ma nella speranza che possa servire a sensibilizzare l’opinione pubblica sulla vicenda». Da tempo l’ex metalmeccanico, così come altri nove colleghi, soffre di bronchiti, ha un deficit respiratorio del 38 per cento e, di recente, una tac ha anche mostrato diversi noduli. «Ogni piccolo sforzo mi affatica e sono costretto a portare sempre con me un broncodilatatore», dice al nostro giornale Vicario, che oltre alle questioni di salute in questi dieci anni ha dovuto portare avanti anche la battaglia giuridica. Revocati i benefici, gli operai sono stati anche condannati a restituire quanto avevano ricevuto. «Questo – spiega l’ex metalmeccanico – per via dell‘interpretazione di una parte non chiara della norma circa le tempistiche della domanda all’Inail per ottenere i benefici». Per i giudici d’Appello, la scadenza non sarebbe stata rispettata. «E, così, per un cavillo burocratico – lamenta Vicario – si mette in discussione un diritto per dieci lavoratori». L’ultima parola, adesso, spetterà appunto alla Cassazione.

«Non che abbia particolari aspettative – dice l’ex saldatore – ma è giusto comunque continuare a portare avanti questa battaglia». Che, negli anni, ha già dato qualche frutto. Dalla rivoluzionaria legge regionale sull’amianto approvata nel 2014 all’attivazione del centro regionale di diagnosi e cura delle malattie derivanti dall’amianto all’ospedale Muscatello di Augusta. «Le patologie asbesto correlate sono gravissime e possono manifestarsi anche trenta o quarant’anni dopo l’esposizione – sottolinea Vicario – Per questo l’Ona continua a lottare per i diritti delle vittime e delle loro famiglie e per aggiornare la mappatura». Perché, nonostante sia stato messo al bando più di trent’anni fa, il killer silenzioso ha continuato a fare pagare alla Sicilia un tributo molto alto in termini di vite umane. Il numero di morti per amianto ha anche superato quello – già alto – di decessi per incidenti sul lavoro.


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