I dieci scafisti arrestati saranno messi a confronto con i cinque testimoni che li accusano. Devono rispondere di omicidio plurimo e favoreggiamento dell'immigrazione clandestina. Secondo il racconto dei sopravvissuti sarebbero stati loro ad assicurare "l'ordine" sulla carretta del mare: bastonate, sprangate e cinghiate a chi cercava di uscire a respirare
Barcone della morte, 52 salme in stiva Oggi l’incidente probatorio in carcere
Saranno messi a confronto con i cinque testimoni che li accusano. Si terrà questa mattina nel carcere Pagliarelli di Palermo l’incidente probatorio nell’ambito dell’inchiesta della Dda sulla morte dei 52 migranti morti asfissiati nella stiva di un barcone durante la traversata nel Canale di Sicilia. Con l’accusa di omicidio plurimo e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina sono stati arrestati dieci scafisti.
Determinanti sono state le testimonianze dei sopravvissuti che a investigatori e soccorritori hanno raccontato i drammatici momenti vissuti durante la traversata della morte. «Non c’era aria ed acqua, dicevamo che la gente iniziava a morire, ma non ci facevano uscire». Nella stiva ammassati come bestie c’erano circa 200 persone. Picchiate con bastoni, sprangate e cinghiate e persino accoltellate per costringerle a restare giù in uno spazio di appena quattro metri e alto appena un metro e mezzo. A ricostruire le atroci violenze subite sono stati il procuratore aggiunto di Palermo, Maurizio Scalia, che coordina l’inchiesta, e i pm Anna Picozzi, Gery Ferrara, Renza Cescon e Roberto Tartaglia.