Stabilimento balneare di giorno e discoteca di sera, oggi della struttura costruita sul lungomare non restano che i resti incendiati e depredati. I primi sigilli erano scattati già nel 2014, ma avevano messo un freno alla vicenda. Lorenzo Di Domenico: «Dopo l’ultima mareggiata sono io stesso che ho chiesto di darmi l’obbligo di smontaggio»
Barcarello, sequestro preventivo per l’ex lido Playa Bonita Proprietario: «Entro giugno smantello, ma lascio Palermo»
«Andrò via da Palermo, non voglio più investire i miei soldi qui». Ha deciso, ormai, Lorenzo Di Domenico, l’imprenditore a cui ieri è stato notificato per la seconda volta il sequestro preventivo, questa volta per pericolosità, dello stabilimento balneare aperto nel 2006 sul lungomare di Barcarello. Già quattro anni fa l’ex lido, che di giorno fungeva da solarium mentre di notte si trasformava in una discoteca, era stato sottoposto a sequestro per abusivismo. Da quel momento la struttura è stata oggetto di razzie, furti e incendi. Per non parlare dell’azione del mare che a poco a poco la sta facendo sgretolare, rendendola pericolosissima. Quattro anni di sigilli che hanno impedito al proprietario di potere rimettere piede nel luogo e procedere con la rimozione. «Era un gioiello, non è vero che non avevo le concessioni – spiega Di Domenico – Avevo 41 dipendenti messi in regola, famiglie che mangiavano grazie al mio stabilimento, che è stato il 22esimo miglior locale d’Italia. Ho portato gioia su quel lungomare».
Tutto inizia nel 2003, anno in cui Di Domenico presenta la richiesta per montare la struttura dello stabilimento. Ottiene le concessioni necessarie e i permessi solo tre anni dopo, nel 2006, anno dell’inaugurazione, firmando un contratto demaniale che gli permette di restare lì fino al 2014, pagando 30mila euro l’anno. Il contratto di locazione per il primo anno prevede che la struttura venga montata a maggio ma rismontata a settembre, a chiusura della stagione estiva, e così avviene. Subentrano, dal 2007 a seguire, specifiche linee guida europee e normative della Regione che permettono, a imprenditori che hanno investito in uno stabilimento balneare, di mantenere la struttura montata per dodici mesi, salvo togliere lettini abbronzanti e scalette e scivoli per l’ingresso in acqua durante l’inverno. «Potevo farlo e l’ho fatto. È la stessa cosa dell’Italo-belga o il Mida di Mondello. È andato tutto bene fino a quando non ho ricevuto una strana visita, mentre ero alle prese con una manutenzione straordinaria nel lido – racconta Di Domenico – Un architetto ben vestito, che curiosava in giro, fino a quando non si è avvicinato e mi ha detto che lo stabilimento non avrebbe dovuto essere ancora aperto».
Solo pochi giorni dopo scattano i primi sigilli. «Il mio stabilimento non mi è stato più restituito e quei sigilli di fatto sono rimasti – continua -, lasciando in balia di ladri, vandali e piromani la struttura. Ho speso un milione dei miei soldi per questo progetto, non ho avuto prestiti né favori, e il locale andava benissimo. Adesso mi ritrovo a pagare a vuoto il suolo pubblico per un posto che non posso recuperare e che non posso nemmeno smantellare. Sono quattro anni che mi ripetono che devo aspettare i tempi burocratici della magistratura. Mi conveniva fare togliere i sigilli, ma non potevo, c’ho rimesso un sacco di soldi, per questo non voglio più investire nulla in questo città e andare via». Tempi che sono diventati quattro anni, intanto. Per questo Di Domenico non ci sta a far passare sotto silenzio anche il secondo sequestro che, sembrerebbe, dovrebbe di qui a poco sbloccare la situazione.
«Non è stata la politica, il Comune, i Cinquestelle a smuovere le acque – torna a dire -. Sono stato io, che dopo l’ultima mareggiata delle scorse settimane mi sono impuntato ancora di più, sono andato personalmente a parlare con la capitaneria di porto per chiedere di darmi l’obbligo di smontaggio immediato, io morti sulla coscienza non ne voglio. Altro che lettera di Forello, entro il 4 giugno arriverò con la prima squadra e inizierò a smantellare», aggiunge, precisando però di non avercela con il capogruppo dei 5 stelle a Sala delle Lapidi. La lettera a cui allude è quella indirizzata agli enti cittadini competenti dai consiglieri comunali pentastellati e dal consigliere della settima circoscrizione Giovanni Galioto, in cui si parla di «una situazione di concreto pericolo per le persone che transitano nei paraggi della struttura e per le imbarcazioni, a causa delle evidenziate condizioni della struttura di precarietà estrema e di avanzato degrado che hanno provocato e provocano continuamente il rilascio e la dispersione delle tavole di legno e di porzioni della struttura metallica nell’ambiente circostante». Una missiva ufficiale datata 26 marzo e che, stando alle tempistiche della vicenda, è stata seguita solo due settimane dopo dai nuovi sigilli all’ex stabilimento.
Tutti motivi per i quali si ritiene «indispensabile e improcrastinabile un intervento immediato» al fine di tutelare l’incolumità pubblica e l’ambiente. Intervento che, una volta sollecitato, si è prontamente concretizzato. «Il sequestro preventivo disposto dalla municipale è un atto dovuto – afferma dal canto suo Ugo Forello -, è consequenziale e funzionale anche, perché costringe in un certo senso il proprietario a rimuovere tutto». Intenzione che Di Domenico palesa senza timori e che sembra voler rispettare. «Noi entriamo in punta di piedi in questa vicenda e l’obiettivo sembra essere comune – continua il consigliere comunale 5 Stelle -, di togliere cioè una struttura ormai pericolosa. La polizia municipale ha manifestato l’assoluta disponibilità a richiedere anch’essa l’immediato e temporaneo dissequestro per far sì che il proprietario smonti la piattaforma». Sembra, insomma, che tutti vogliano la stessa cosa. Non resta che aspettare sino a giugno.