Una media di quattro rapine all'anno. Ma il proprietario, ex cronista del Giornale di Sicilia, ha deciso di non piegarsi agli emissari di Cosa nostra. «Non sono un eroe e non credo all'antimafia di cartone. Lo devo alla parte sana di questa città malata. Nessun compromesso. Nessuna trattativa»
Bar Massaro nel mirino del racket Il titolare: «I miei soldi ai mafiosi non li do»
Non si sente un eroe. Né un paladino della lotta alla mafia, perché «sull’antimafia di cartone, fatta di forma e poca sostanza sono state costruite intere carriere». Di politici, di imprenditori. «Nessuna casacca, nessuna patente», dunque. Per anni Cosa nostra e i suoi metodi li ha raccontati dalla colonne del Giornale di Sicilia. Adesso, però, Francesco Massaro, ex cronista e titolare dell’omonimo bar a Palermo, i boss li ha sfidati in prima persona. Da cittadino che si ribella. «Non comprerò la mia tranquillità pagando il pizzo. Sarebbe la scelta più comoda, ma non lo farò» scrive sul suo blog www.dipalermo.it.
Denuncia Francesco Massaro il tentativo della mafia di indurlo a pagare per ‘stare tranquillo’. Per non avere più spiacevoli ‘visite’ nei suoi negozi. Come quella di un mese fa. Come quella di mercoledì scorso in gelateria. «Una media di quattro all’anno» racconta a MeridioNews. L’ultima volta erano in tre. «Armati. Sono scappati via con poca roba. Non credo siano cani sciolti, non credo che l’obiettivo siano i soldi. La rapina è il mezzo che colui che li manda utilizza per inviarmi il messaggio. Paga e ti lasceremo in pace. Paga e non verrà a disturbarti più nessuno. Fai quello che ti hanno insegnato. Che è giusto fare. Che a Palermo si fa».
Ma per Francesco Massaro «è cambiato il tempo. Oggi siamo arrivati ad un momento storico in cui non è possibile più piegarsi, come magari hanno fatto i nostri nonni e i nostri padri». Certo, lui non si sente «una verginella», non punta il dito contro i commercianti che pagano. «So che è difficile non farlo – scrive ancora sul suo blog -. Conosco le regole del gioco, di questo gioco che si gioca a Palermo. Ma io ho deciso di non partecipare. Non per eroismo, certo che no, ma lo devo a me stesso, alla mia famiglia, alla parte sana di questa città».
Perché Palermo, per lui, è una «città difficile, malata. Il marcio c’è, ma c’è anche una parte sana». Certo, serviranno «intere generazioni per cambiare» le cose. Ma Francesco ha già deciso da che parte stare. «Nessun compromesso, nessuna trattativa. Ai mafiosi i soldi del mio lavoro non li do. Semplice. Sarebbe facile, lo so. Ma non lo faccio. Non lo farò. Se ho paura? No, sono solo infastidito. Mi dispiace che in un periodo di crisi, qual è quello che stiamo vivendo, un imprenditore, un commerciante debba essere distolto dal suo lavoro». Con cose che con quel lavoro poco hanno a che fare.