Bagni pubblici, servizio carente in quasi tutta la città Multiservizi: «Gestione complicata e poche indicazioni»

Lucchetti in metallo, talvolta sostituiti con pezzi di corda, rendono impossibile l’accesso ai bagni comunali di Catania. «Non ce ne siamo mai occupati». La risposta rimbalza da un ufficio comunale all’altro e riguarda lo stato dei servizi igienici pubblici dislocati nel capoluogo. Malridotti e segnati dal tempo, insieme alla manutenzione del verde e delle aree attrezzate sono uno dei simboli di una città che ai servizi forse sta cominciando a badare adesso. 

Sulla scorta della lista divulgata da Palazzo degli Elefanti, MeridioNews ha verificato lo stato dell’arte dei bagni pubblici in città. Il risultato? ll servizio fa acqua da tutte le parti. Tra cancelli sbarrati, immondizia, pareti ammuffite, la maggior parte delle strutture igieniche si sono trasformate in discariche. Tra queste ci sono quelle in piazza Santa Maria di Gesù, in piazza Cavour e in piazza Palestro

Un servizio che per il periodo compreso tra aprile e dicembre 2020 ha impegnato il Comune a spendere circa 66mila euro – comprensivi di Iva – per la pulizia di sei locali igienici eseguita da Multiservizi spa, la società che si occupa di manutenzione in città. «Sono soldi relativi al servizio annuale», precisa la presidente Serena Spoto interpellata dal nostro giornale. Nel 2019 Palazzo degli Elefanti – con provvedimento dirigenziale del 3 febbraio 2020 – ne ha spesi oltre 500mila per l’erogazione dello stesso servizio.

Se questi sono i più noti, in realtà, sul sito del Comune compare un elenco, aggiornato a luglio 2014, in cui vengono riportati circa venti locali adibiti a bagni pubblici: da via Acquicella, passando a via Belfiore fino a piazza Federico di Svevia. Di questi solo sei sono attivi. Si tratta di quelli di via Lavandaie, vicino a villa Pacini, via Candio, del Parco Gioieni, dei due all’interno della villa Bellini e di quello nel parco Madre Teresa di Calcutta, in via Eleonora D’Angiò. Dei restanti 14 in alcuni casi non c’è traccia tra le vie della città o non ci sono indicazioni che ne facilitino l’individuazione. Altri, sebbene in elenco, risultano chiusi, lasciati all’incuria e ad atti di vandalismo. 

Un problema diventato fenomeno alla cui origine per Spoto contribuirebbe pure la transizione dalla pulizia e custodia 24 ore su 24 ai cosiddetti passaggi giornalieri e senza presidio. In media quattro turni al giorno, compresi i festivi, per ognuna delle sei strutture attive. «Siamo in arretrato con i pagamenti e, a volte, a causa delle certificazioni carenti o addirittura mancanti, non si comprende nemmeno bene dove siano allocati i bagni», è la chiusa di Spoto.


Dalla stessa categoria

I più letti

Giustizia per Emanuele Scieri

«Ricordate che in tutti i tempi ci sono stati tiranni e assassini e che, per un certo periodo, sono sembrati invincibili, ma alla fine, cadono sempre, sempre». È da un aforisma del mahatma Gandhi che ha preso spunto l’avvocata Alessandra Furnari nella sua discussione durante il processo per l’omicidio volontario aggravato di Emanuele Scieri, il parà siracusano 26enne in servizio militare trovato cadavere nell’agosto del 1999 […]

«Una macchina di imbrogli e di sotterfugi manzoniana che si è sviluppata sull’esigenza di un costrutto che doveva raccontare un’altra versione dei fatti». Così il procuratore di Pisa Alessandro Crini ha definito la ricostruzione da parte dell’esercito di quanto accaduto all’interno della caserma Gamerra nell’agosto del 1999 nel corso della sua requisitoria a cui è […]

Catania archeologica, l`occasione mancata

In una nota protocollata al Comune etneo a metà gennaio l'associazione di piazza Federico di Svevia chiede di gestire il bene del XII secolo, abbandonato, per garantirne «a titolo gratuito e senza scopo di lucro, la fruibilità». Adesso interrotta dal cambio del lucchetto del cancello da cui vi si accede e dalle divergenze con uno degli abitanti, che risponde: «C'era il rischio per la pubblica incolumità»

I processi a Raffaele Lombardo