«Messi nel muro seduti… sembravano che stessero discutendo tra loro. Ci mancava solo la testa». A tessere le fila degli affari all’interno del cimitero di Bagheria sarebbe l’ex custode Pietro Mineo, 54 anni, adesso rimosso dall’amministrazione, che di fatto avrebbe detenuto il controllo del meccanismo anomalo di estumulazioni e tumulazioni in cambio di soldi. È quello che emerge dall’operazione messa a segno all’alba dai carabinieri di Bagheria, simbolicamente denominata Caronte, che ha scoperchiato un business illecito all’interno del capo santo degli orrori. Dove, con la sua complicità, si liberavano loculi aprendo le bare già tumulate e togliendo la salma, che veniva coperta da un telo e lasciata sopra la cassa o tra i rifiuti. Ma il giro criminale avrebbe coinvolto in realtà moltissime persone.
«Le somme consegnate in mano al custode cimiteriale, uomo chiave dell’inchiesta, pur di ottenere un posto – sottolinea Federico Lori il comandante dei carabinieri della stazione di Bagheria -, variavano dai 300 ai 500 euro». Un quadro dell’orrore quello scoperto dai carabinieri della stazione locale che hanno arrestato ben dieci persone (sette ai domiciliari e tre con il divieto di dimora) accusati a vario titolo di associazione a delinquere, corruzione per esercizio della funzione e per incaricato di pubblico servizio, vilipendio e occultamento di cadavere, ma anche sottrazione e soppressione di cadavere. Nell’indagine, partita nel maggio 2017, sono coinvolte altre trentaquattro persone tra funzionari del servizio cimiteriale e impresari funebri, accusati anche di di favoreggiamento personale, falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale e dal privato in atto pubblico.
«Sono ancora in corso le indagini che sono partite dalla collaborazione dell’amministrazione comunale – spiega Antonio Caterino il comandante del gruppo dei carabinieri di Palermo -, ma anche da qualche parente che recatosi al cimitero non ha trovato la salma. Per portare avanti l’operazione sono stati impiegati ottanta uomini dell’arma oltre alle tecniche investigative documentali e l’uso delle intercettazioni». Erano numerosi i cittadini ma anche imprenditori del settore delle onoranze funebri che pur di ottenere una sepoltura, indipendentemente dall’ordine di ingresso al cimitero corrompevano i dipendenti comunali. Tutto questo giro di interessi e di denaro a scapito dei defunti. «Per ricavare il loculo – sottolinea Federico Lori comandante dei carabinieri della Compagnia di Bagheria – riducevano la salma del feretro tumulato in cassette di zinco e creare lo spazio sufficiente. In alcuni casi le salme ridotte sono rimaste negli stessi loculi quando il nuovo ingresso riguardava un parente di chi era giá tumulato».
Il meccanismo delle estumulazioni è regolato dall’art. 37 del regolamento della polizia mortuaria che prevede che ciò avvenga dopo 40 anni dalla tumulazione e secondo un calendario predisposto dal responsabile dei servizi funebri. Vengono inoltre coordinate dal custode del cimitero, ed ecco che entrerebbe in gioco la figura rilevante di Mineo per portare avanti tutto il meccanismo illecito. Secondo gli inquirenti avrebbe dovuto coordinare le estumulazioni in presenza del servizio di igiene, invece, saltava ogni tipo di procedimento affidandosi a uomini fidati quali Santo Gagliano, Giovanni Fiorentino, Gaetano Russo oltre Natale Magna che da esterno partecipava e si tratteneva la gran parte delle somme ottenute dopo aver portato a termine la tumulazione.
Dalle indagini, come scritto negli atti, l’amministrazione del cimitero era totalmente asservita agli interessi privati del sodalizio criminale. Un legame che sarebbe andato avanti anche in mancanza di Mineo. Significativa un’intercettazione tra l’ ex custode e Megna,Gagliano e Russo, avvenuta nel giugno del 2017. Nello specifico si chiedevano se un cadavere rinvenuto tra i rifiuti fosse stato dimenticato da loro o dalla vecchia gestione. «C’era il bacino, spalle e gambe…», è la descrizione aberrante di Mineo: «quelli (riferito alla ditta di smaltimento) sono andati lì alla discarica», avrebbe continuato parlando con Megna. Questo tra il serio faceto racconta come giá in precedenza venivano messi in atto queste operazioni illecite. «Tu ancora qua non c’eri parla Megna e dentro c’era una persona sana..sana chissá chi le ha fatte le estumulazioni».
Sempre nella stessa conversazione interviene Russo. «Queste, riferito al corpo gettato nei rifiuti-sono cose fatte di ora» e il deus ex machina Mineo: «La dentro… Uno bene o male… può dire chissá chi l’ha fatto… 20 anni fa… Quando leveranno e scopriranno questi qua dietro… A me che cosa mi interessa». Freddezza e capacitá organizzativa quella mostrata da Mineo che stabiliva anche in che modo dividere i soldi tra gli associati. «Qua ci sono un mare di soldi» esulta l’ex custode mentre parla con Gagliano anche lui dipendente comunale addetto al cimitero di Bagheria. «Io ti posso dare per oggi per tutte e due raccolte 60 euro .Ti sembrano pochi vuoi che li divido io – conclude Mineo – allora settanta euro e venti me li prendo io».
Sarebbe stato l’ex custode, infine, a occuparsi anche del pagamento ai singoli operai. Indagini lunghe e complesse che parallelamente hanno permesso agli uomini dell’arma di individuare due persone appartenenti alla famiglia mafiosa di Bagheria che, nonostante fossero alla misura di sorveglianzanza speciale, incontravano altri esponenti mafiosi all’interno di un’agenzia funebre di Bagheria. «Anche per approfondire questo aspetto – conclude Antonio Caterino, comandante del gruppo dei carabinieri di Palermo -, andranno avanti anche per il numero delle persone coinvolte».
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