È questa la richiesta che gli animatori della struttura, che si trova nel del quartiere Civita, avanzano all'amministrazione della città. I rapporti con il vicinato non sempre sono stati sereni ma «qui le porte restano sempre aperte», raccontano a MeridioNews
Attivisti sognano l’assegnazione dell’ex palestra Lupo «Idea sgombero? Diventerebbe un luogo di degrado»
«Chiediamo al Comune di regolamentare l’assegnazione di questo spazio per poterne usufruire liberamente e non avere il peso della spada di Damocle dello sgombero». È questa la richiesta indirizzata all’amministrazione etnea, guidata dal sindaco Salvo Pogliese, da parte di alcuni attivisti che, da diversi anni, si occupano del Laboratorio urbano popolare di palestra Lupo. «E di avviare anche progetti di ristrutturazione» per uno spazio, nel cuore del quartiere Civita, che dopo essere stata una rimessa per gli autobus di cui restano solo le pensiline esterne, «per decenni è rimasto nel degrado e nell’abbandono», dice a MeridioNews Enzo Mazzarelli che è il coordinatore degli attivisti.
Laboratori di riuso creativo, di falegnameria, di scenografia, attività sportive come lo yoga e la danza africana ma anche tante pareti piene di libri della libreria sociale. Oggi la palestra Lupo è un centro multiculturale in cui vengono organizzate attività di diverso tipo «tutte seguendo la cultura eco-friendly del riuso creativo e della ricerca del benessere mentale e fisico». Sin dall’inizio della sua storia si è sempre espressa la volontà di regolamentare la presenza di un centro multiculturale in uno spazio di proprietà comunale. Nonostante gli impedimenti burocratici, gli attivisti che animano la struttura hanno sempre cercato di ottenere finanziamenti al fine di effettuare la ristrutturazione dell’immobile.
«A maggior ragione adesso che c’è una nuova amministrazione con la quale possiamo dialogare e, anche – spiega Enzo – come risposta preventiva a una eventuale intenzione di mettere in pratica la circolare del ministro Matteo Salvini». Quella diffusa l’1 settembre dal ministero dell’Interno, indirizzata e tutte le prefetture d’Italia, chiede il tempestivo sgombero di ogni spazio e casa oggetto di occupazioni. «Noi qui non stiamo occupando ma ci stiamo riappropriando di un bene comune – sottolineano gli attivisti – e stiamo costituendo un’associazione per avanzare la nostra richiesta di regolamentazione all’amministrazione locale».
È il 2011 quando il Gruppo azione risveglio (Gar) si appropria per la prima volta di quello spazio comunale. Dopo un primo sgombero la struttura diventa un ricovero per senzatetto. Gli occupanti vengono allontanati in diverse occasioni, fino a quando nel 2012 alcuni volontari forzano i cancelli dell’ex palestra comunale di scherma, con l’intenzione di farla diventare un luogo temporaneo di aggregazione per i giovani nel percorso di riappropriazione dei beni comuni. Da allora, al suo interno si sono susseguite negli anni attività di diverse associazioni: oltre al Gar anche Lomax, Mangiacarte e tante altre.
«Noi qui siamo sempre con le porte aperte – dice Turi, un abitante del quartiere che frequenta la palestra e l’ha abbellita con le sue sculture in legno – invece, qualche residente spesso è infastidito dal rumore della danza africana o dei camper parcheggiati nei dintorni. Più che altro – aggiunge – credo sia un atteggiamento pregiudizievole nei confronti di questo tipo di progetti sociali, tanto che – aggiunge con amarezza – due anni fa ha addirittura portato alcuni a fare un esposto alle forze dell’ordine da cui poi sono seguite tre multe da 5mila euro ciascuna per la somministrazione di bevande e altre cose».
Sono sei le persone più attive che continuano quotidianamente a rendere accessibile la palestra «ma almeno una trentina sono quelle che lo rendono davvero viva e la animano, poi c’è chi viene più o meno sporadicamente anche solo per passare il tempo. Vorremmo fosse chiaro che – sottolinea Enzo – questo luogo ha una utilità sociale altissima e, da quando abbiamo iniziato a riappropriarcene, ha cambiato volto. Tanto che nessuno si ricorda bene più com’era prima. Molto lavoro è stato fatto: dai pannelli solari alle riparazioni del tetto che hanno fatto in modo che dentro non piovesse più – racconta – Tutto riciclando materiali in disuso o facendo ricorso all’autotassazione. Se dovessero venire a sgomberarci – conclude – chiederemmo quali sono le intenzioni che hanno, cosa ci voglio fare e se l’unico progetto fosse quello di murarlo, allora saremmo seriamente preoccupati del fatto che potrebbe finire per ridiventare un luogo di degrado».