Un bacino di 7000 dipendenti, oltre il 50 per cento del parco stipendi di palazzo dei Normanni, società in liquidazione da anni, con procedimenti mai chiusi. Il desolante scenario che emerge dal dossier del deputato pentastellato
La giungla delle 163 partecipate della Regione Siciliana Sunseri (M5s): «Tra enti affogati nei debiti e poltronifici»
Sono 163 le società partecipate che gravano sul bilancio della Regione Siciliana. Società che spesso, quasi sempre, non rendono pubblici i propri atti e non si mostrano in maniera trasparente per quello che è il loro reale ruolo, la loro utilità e soprattutto il loro costo. Parte da qui il lavoro del deputato del Movimento 5 stelle Luigi Sunseri, che ha presentato oggi il lavoro di quasi un anno passato tra richieste di documenti e incontri con i dirigenti delle partecipate, società che contano complessivamente circa settemila dipendenti, il 50 per cento di tutti i dipendenti regionali e che lo stesso Sunseri ha chiamato «il lato oscuro della Regione Siciliana».
«Il più delle volte tantissimi cittadini siciliani non sanno quello che c’è dietro a queste società – dice il deputato pentastellato – Società che dovrebbero essere utili per il lavoro della Regione, ma da cui si determina una montagna di nomine che permette alla politica di gestire il potere nei vari territori». Dalla società Interporti al Corissia, dal Bes all’Irvo, tante le sigle di cui spesso non si conosce nemmeno il significato. Tra queste anche le 37 società che sono state messe in liquidazione, ma che nonostante ciò restano lì, ferme, da anni. «Nei quattro anni di governo Musumeci neanche un percorso di liquidazione è stato chiuso – spiega Sunseri – Tra questi spiccano i dieci consorzi Asi, che sarebbero dovuti passare in mano all’Irsap, ma non è mai successo. Alcuni di questi procedimenti vanno avanti da diversi anni, ma nessuno finisce mai col concludersi, nonostante il buon lavoro degli uffici e il fatto che anche il governo nazionale abbia chiesto alla Regione di accelerare queste procedure».
Tra gli enti più controversi, secondo quanto uscito fuori dal dossier preparato dal deputato Termitano, c’è la Società Interporti, «una di quelle di cui Musumeci, quando era presidente della commissione antimafia, disse che aveva troppe relazioni con l’ambiente criminale. Peccato che lo stesso Musumeci da presidente della Regione abbia deciso di ricapitalizzarla con altri 2,5 milioni di euro – continua – Tra le cose che abbiamo notato ci sono una serie di nomine che non sono passate dall’assemblea degli azionisti, senza una delibera e svariate irregolarità ci sono anche tra gli incarichi. I bilanci sono perennemente in passivo. E dire che c’è una norma che prevede la decadenza del Cda se i bilanci sono negativi per quattro anni di fila. Non è avvenuto. L’amministratore unico ha persino convocato l’assemblea per darsi un bonus di fine mandato, una cosa non prevista da nessun regolamento».
Poi ci sono Airgest e Ast. La prima si occupa dei servizi aeroportuali per lo scalo di Trapani-Birgi, «creata nel 2012 è perennemente in perdita e ha richiesto continue ricapitalizzazioni, dimostrando ampiamente di non potersi autosostenere». La seconda, che si occupa di trasporto pubblico, «ha debiti verso le banche per 36 milioni di euro, verso i fornitori di 12 milioni di euro, debiti tributari per 24 milioni di euro, verso Inps e personale per 9 milioni di euro. Il bilancio è andato in positivo solo nel 2019 e nel 2016». C’è Sicilia Digitale, società che si dovrebbe occupare della Regione sotto l’aspetto informatico, e che «vanta un credito di circa 23 milioni di euro nei confronti della Regione, che comunque continua ad affidarsi a società esterne per i servizi digitali».
Ci sono casi curiosi come quelli del Parco Scientifico Tecnologico, che stando a quanto dice Sunseri «è in perdita da quattro esercizi su cinque. Una società che ha tre persone, di cui due di Palermo e si trova a Catania, per cui è stata fatta una ricapitalizzazione lo scorso anno da 500mila euro e cosa faccia ancora non l’ho capito». Il Corissia, che «ha sei dirigenti e due dipendenti» o il Bes, che come ammette il deputato: «Non sono riuscito a trovarlo». Ma tra gli Enti sulle spalle di palazzo dei Normanni si trovano anche figure storiche come Esa e Irvo o come i consorzi di bonifica. «L’Esa fu definito da Musumeci “l’ultimo carrozzone della prima repubblica” e ora la presidenza dell’Ente, che è considerato quasi strategico per la Sicilia, è stata affidata al presidente regionale del partito del presidente della Regione – dice Sunseri – Hanno provato a inquadrare dei dipendenti senza previo concorso. Vanta un credito di 67 milione dalla Regione siciliana e questo provocherà disavanzo. Irvo invece dà la certificazione del vino e dell’olio in Sicilia, su 61 dipendenti 18 sono dirigenti e le spese del personale occupano il 74 per cento delle spese correnti di un Ente che anche in questo caso è sempre in perdita». Infine i consorzi di bonifica, «pesano sul bilancio della regione per 53 milioni di euro, ogni anno abbiamo visto aumento dei costi e passaggi dirigenziali, con dipendenti che non ricevono a volte da mesi lo stipendio, a differenza dei dirigenti».
In occasione dell’accordo Stato-Regione per il ripiano decennale del disavanzo, siglato nel gennaio scorso, la Regione avrebbe dovuto garantire, oltre al completamento delle procedure di liquidazione già avviate, la completa attuazione delle misure di razionalizzazione, stilate ogni anno, ma mai attuate, la riforma dei consorzi di bonifica, la riduzione dei compensi degli organi di amministrazione e di controllo e la riduzione ai trasferimenti agli enti pubblici e alle società del Gap. A oggi poco di tutto ciò è stato fatto. E anche la Corte dei Conti, che non può avere accesso ai bilanci delle società, ma può evincerne lo stato di salute dal bilancio consolidato della Regione, si espressa in merito, dichiarando che «Le partecipate regionali si sono dimostrate geneticamente prive di sensibilità economica» rimarcando il fatto che «non è ammissibile che siano mantenute società pubbliche se il mercato può rispondere in maniera adeguata ed efficiente alla domanda di beni e servizi proveniente dalla pubblica amministrazione».
«Questo governo ha dimostrato di non essere interessato a risanare i bilanci della Regione, preferisce mantenere lo status quo delle cose – conclude Sunseri – Esiste un pezzo di questa Regione che deve e può migliorare e per farlo bisogna tagliare, mettere dirigenti efficienti e togliere società incapaci di portare bilanci in positivo o quanto meno in pareggio. Intanto il Bilancio consolidato è fermo in commissione da diversi mesi e che ancora non è andato in aula per essere approvato».