I roghi che mettono in ginocchio gli agricoltori siciliani «Magistratura indaghi a fondo sugli interessi in ballo»

«Finché la magistratura non aprirà un’inchiesta approfondita per capire chi ha interessi a distruggere le campagne non se ne verrà a capo». All’indomani del rogo che ha danneggiato pesantemente i suoi terreni, incenerendo gli sforzi compiuti in quasi dieci anni, la sensazione è che Emanuele Feltri, nonostante lo scoramento e la consapevolezza che per ripartire costerà – «servono somme importanti, che vanno oltre il contributo di chi mi sta dimostrando sincera solidarietà» -, non mollerà. A caldo, con la casa salvata per poco e gli uliveti travolti dalle fiamme, si è detto stanco. E con lui i tanti agricoltori che hanno perso praticamente tutto. «Ripartire sarà difficilissimo, venivamo già di una situazione per nulla semplice – racconta Feltri a MeridioNews Lavorare i campi con strade da terzo mondo e senza acqua aveva già causato tanti danni, adesso questi incendi ci hanno messo in ginocchio». 

Quella capitata all’imprenditore che ha deciso di investire nei campi di contrada Sciddicuni, nel territorio di Paternò, e che nel corso degli anni è stato destinatario di atti intimidatori, è una sventura che in queste settimane si è abbattuta su più parti della Sicilia. Da Troina al Siracusano, dal Gelese alla Sicilia occidentale. E se il passato dice che ci sono state annate altrettanto funeste, l’impressione è che stavolta l’azione criminale abbia una regia più raffinata rispetto al passato. «Basta parlare di piromani, ma anche di pecorai e allevatori – continua Feltri – Ieri diversi allevatori erano con me a tentare di spegnere le fiamme e hanno subito danni, senza contare che questi incendi di fatto tolgono il cibo ai loro animali. Attorno alla collina sono stati appiccati sette incendi contemporaneamente, non è l’azione di gente improvvisata». Anche per questo l’auspicio è che dalle istituzioni, oltre che l’attività in chiave anticendio, che in questi giorni ha portato i canadair affittati dallo Stato a intervenire in maniera massiccia in Sicilia, arrivino segnali forti. «Andare dai carabinieri e denunciare i singoli episodi lascia il tempo che trova, bisogna riuscire a capire quali ragioni muovono chi appicca il fuoco in aree così vaste e distanti tra loro», aggiunge Feltri. 

Finora, tuttavia, il tema degli incendi estivi ha sempre portato a mettere in rilievo le carenze della Regione in fase di prevenzione – quando in primavera boschi e aree demaniali andrebbero ripuliti, mentre la realtà dice che gli operai stagionali ogni anno vengono assunti in ritardo – ma mai ha portato a indagini ad ampio raggio da parte delle procure siciliane. «E invece è necessario affrontare frontalmente questa minaccia», ribadisce Feltri. Per chi come lui ha deciso di avere nella cura della terra la principale fonte di sussistenza, non è semplice sapere di finire sotto l’attenzione generale soltanto in queste circostanze. «Bisognerebbe che la politica si interessasse all’agricoltura, per noi le emergenze sono nella quotidianità – prosegue -. Non avere l’acqua perché l’invaso del Consorzio di bonifica è danneggiato da anni non può essere la normalità, così come non avere strade dignitose nonostante esistano fondi europei che finanziano la totalità dei lavori quando i progetti sono presentati dai Comuni». 

In verità, negli ultimi mesi delle aree agricole si è parlato spesso ma non per le condizioni in cui operano coltivatori e allevatori. Il tema, infatti, è al centro della questione fotovoltaica: sono centinaia i progetti presentati alla Regione da soggetti privati per installare distese di pannelli solari, anche nella consapevolezza che all’orizzonte ci saranno a disposizione le tantissime risorse legate al recovery fund. In tal senso, avere il titolo su un terreno, anche un semplice preliminare di vendita, è sufficiente per garantirsi la possibilità di vedere la propria pratica esaminata dagli uffici regionali. Spesso si tratta di offerte allettanti per agricoltori in difficoltà economica o semplicemente disillusi rispetto a ciò che riserverà il futuro per il settore. «Anche da queste parti sono state fatte delle offerte, c’è chi ha firmato i preliminari anche per cifre importanti, che verranno pagate nel momento in cui il progetto esecutivo otterrà il via libera dalla Regione», spiega Feltri. Che a sua volta è stato contattato da uno dei tanti intermediari che fanno attività di scouting per le società proponenti, spesso srl con capitali sociali molto contenuti ma collegate con multinazionali straniere. «Mi hanno proposto 30mila euro a ettaro, ma ho detto di no. Perché? Sono a favore delle energie rinnovabili, ma bisogna capire che vanno installate nelle aree industriali o nelle cave dismesse, senza sottrarre terre da cui ricavare il nostro cibo. Non voglio contribuire alla desertificazione della Sicilia». Una minaccia che però, se gli incendi non verranno arginati, continuerà a incombere sull’isola. 


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