A ricostruire alcuni particolari della vicenda a MeridioNews sono i legali di monsignor Rosario Gisana. «Tramite un avvocato esperto di diritto ecclesiastico arrivò la richiesta di 25mila euro da consegnare in contanti tramite un intermediario», sostengono
La negoziazione dopo le presunte violenze sessuali del prete Il vescovo: «A chiederci i soldi furono i genitori del ragazzo»
«L’unica disponibilità di un sostegno economico da parte della diocesi sarebbe stata collegata alla necessità, fatta presente dai genitori, di assicurare al ragazzo un percorso psicologico». Ci tengono a precisarlo gli avvocati Maria Teresa Montalbano e Gabriele Cantaro, i legali del vescovo di Piazza Armerina Rosario Gisana, in merito all’indagine che riguarda Giuseppe Rugolo. Il sacerdote di Enna arrestato il 27 aprile scorso a Ferrara (in Emilia Romagna) con l’accusa di violenza sessuale aggravata a danni di minori che, al momento, si trova agli arresti domiciliari. Le investigazioni della squadra mobile ennese sono partite dopo la denuncia di un ragazzo, oggi maggiorenne ma che all’epoca dei fatti aveva 16 anni e frequentava la chiesa di San Giovanni Battista.
Erano stati i genitori della vittima a denunciare, inoltre, che «la diocesi ci offrì dei soldi della Caritas in cambio di una clausola di riservatezza e del silenzio di nostro figlio». Una dichiarazione a cui monsignor Gisana, dopo essere stato sentito in procura come persona informata sui fatti, ha voluto rispondere con una nota, tramite i suoi avvocati. «Erano stati i genitori del ragazzo a chiedere riservatezza sulla vicenda – dichiarano i legali a MeridioNews – già nel 2017 durante il primo incontro con il vescovo. È in quella occasione che madre e padre fanno presente di dovere affrontare ingenti spese per il percorso psicologico del figlio e chiedono una mano». Il vescovo si dice disponibile e chiede di poter parlare direttamente con il ragazzo che, nel frattempo, era diventato maggiorenne. Per avviare le investigazioni di natura canonica, infatti, è necessario che sia la vittima a formalizzare una denuncia scritta. L’incontro avviene alla fine del 2018, il ragazzo sottoscrive la dichiarazione e viene avviata un’indagine dal tribunale ecclesiastico di Palermo. Diversi testimoni vengono ascoltati, mentre il sacerdote accusato non si presenta in aula ma rende solo una testimonianza informale.
«Quell’indagine si conclude con l’archiviazione – spiegano Montalbano e Cantaro – perché i fatti risalgono a quando Rugolo era ancora seminarista. È il vescovo a scegliere comunque, nell’ottobre del 2019, di prendere un provvedimento di allontanamento nei confronti di Rugolo, con precise prescrizioni, cioè sottoponendo alla vigilanza delle autorità ecclesiastiche e a un percorso psicologico per capire le ragioni che lo avrebbero indotto a certi comportamenti e per valutare la sua scelta sacerdotale». Stando a quanto ricostruito dai legali, la situazione sarebbe cambiata quando accanto alla famiglia subentra un avvocato esperto in diritto canonico. Da quel momento, è lui a tenere i rapporti con la diocesi. «È lui – sostengono gli avvocati – a iniziare una negoziazione per determinare sia l’importo da corrispondere alla famiglia che le modalità: 25mila euro a titolo di risarcimento dei danni da consegnare in contanti tramite un intermediario». Cifra e modalità su cui non sarebbe stato trovato l’accordo con monsignor Gisana che «ha anche ricevuto numerose pressioni da parte dell’avvocato della famiglia per ottenere il denaro».
Intanto, qualche giorno fa, il tribunale del Riesame ha dichiarato inammissibile la richiesta di scarcerazione presentata dai difensori del sacerdote, Antonino Lizio e Denis Lovison. Gli abusi denunciati dalla vittima, che riguarderebbero almeno altri due ragazzi, sarebbero avvenuti a partire dal 2009 in parrocchia prima della messa, in macchina e anche a casa di Rugolo. In lui il giovane, che all’epoca era attivo in parrocchia frequentando anche l’Azione cattolica con l’idea di diventare sacerdote, avrebbe visto non solo un amico ma anche una guida spirituale fino a quando non sarebbero cominciate le violenze. «Mi disse che era disposto anche a lasciare il seminario per avere una relazione con me – ha dichiarato la vittima nella denuncia – e mi disse che aveva una erezione in corso. Sorpreso e spaventato ho cercato di fargli capire che non avevo nessuna intenzione di avere una relazione con lui e mi sono alzato per andare via dalla stanza, ma lui mi ha trattenuto per il braccio e ha chiuso la porta a chiave. Si è abbassato i pantaloni e gli slip e ha iniziato a masturbarsi». Dall’analisi del computer di Rugolo, adesso sarebbe emerso anche che il prete era solito frequentare siti pornografici, anche sessanta volte al giorno, utilizzando come chiave di ricerca soprattutto la parola inglese «teen», che vuol dire «adolescente».