Caso Scieri: un imputato ha revocato i legali, udienza rinviata Ex comandante Folgore: «Fatti goliardici ci sono sempre stati»

Ancora un rinvio per l’udienza preliminare del processo per l’omicidio di Emanuele Scieri, il parà siracusano ucciso il 13 agosto del 1999 all’interno della caserma Gamerra di Pisa e ritrovato, tre giorni dopo, ai piedi di una torretta di asciugamento dei paracadute. Il rinvio è stato dovuto a una lettera con cui, ieri sera, uno degli imputati, l’ex caporale Alessandro Panella, ha revocato l’incarico di mandato ai propri legali difensori Marco Meoli e Tiziana Mannocci spingendoli a non presentarsi in udienza. Il gup Pietro Murano, questa mattina, ha nominato l’avvocato d’ufficio Andrea Cariello e ha fissato la nuova data al 18 giugno.

A novembre scorso si è aperta l’udienza preliminare con la procura che ha già chiesto il rinvio a giudizio per il reato di omicidio aggravato dai futili e abietti motivi. Oltre a Panella per i pm devono andare a processo anche gli ex commilitoni Luigi Zabara e Andrea Antico. Tutti e tre erano assenti oggi. Presenti, invece, i due accusati di favoreggiamentol’ex comandante della Folgore, il generale Enrico Celentano e l’allora aiutante maggiore Salvatore Romondia. «Ho scelto di farmi giudicare con il rito abbreviato – ha detto Celentano – anche se avrei preferito non essere coinvolto in alcun processo. Spero di chiudere la vicenda il prima possibile. Sono sorpreso e dispiaciuto della ricostruzione prospettata dalla procura – ha aggiunto – perché nel nostro ambiente e nella forza armata i fatti di goliardia ci sono sempre stati ma non certo quello di cui si parla in questa vicenda».

Conosciuto per essere l’autore dello Zibaldone  una sorta di manuale assemblato con citazioni auliche e un elenco di atti di nonnismo ai quali sottomettere le reclute – l’ex ufficiale, che oggi ha 78 anni, ha diretto la Folgore dal luglio del 1997 al novembre del 1999. Durante la sua audizione davanti alla commissione parlamentare d’inchiesta sul caso, Celentano aveva raccontato che, vedendo il cadavere di Scieri «ho notato che era un po’ adiposo perché anzianotto e perché aveva praticato più lo studio che l’attività sportiva. Così, mi sono dato la spiegazione che forse aveva tentato di capire se riusciva a fare una impresa fisica ed era scivolato tentando di arrampicarsi su quella scala». Un’ipotesi che è stata scartata.

In seguito alla relazione finale della commissione d’inchiesta sul caso, la procura di Pisa ha riaperto le indagini. Poco dopo, il tribunale militare di Roma ha chiesto il trasferimento degli atti. Per un periodo, i due procedimenti sono andati avanti parallelamente. Poi è stata la prima sezione penale della Corte di Cassazione a risolvere il conflitto di giurisdizione decidendo che il caso è di competenza della sola magistratura ordinaria. Questo perché il nonnismo non è solo un fatto militare, anche se gli atti avvengono all’interno di una caserma. Inoltre, tra gli ex caporali e la vittima non c’era «nessun rapporto gerarchico-disciplinare» e, al momento dei fatti, gli autori non erano in servizio e non indossavano nemmeno la divisa. Anche Scieri si trovava in libera uscita e, quindi, in abiti civili.

Leggi il dossier di MeridioNews sul caso di Lele Scieri


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