A rischiare il processo sono diversi componenti dell'equipaggio di Medici senza frontiere e Sos Mediterranée e i professionisti che si occupavano della gestione degli scarti prodotti a bordo. La procura di Catania è convinta che si trattasse di traffico organizzato
Aquarius, inizia l’udienza preliminare per le ong Due anni fa l’indagine sullo smaltimento dei rifiuti
Praticamente due anni. Tanto è passato dalla notizia dell’indagine sulla nave Aquarius usata dalle ong Sos Mediterranée e Medici senza frontiere per salvare i migranti nel Mediterraneo. Oggi, al tribunale di Catania, inizia l’udienza preliminare di un procedimento che per mesi è stato al centro del dibattito nazionale, attirando le attenzioni della politica e della società civile, entrambe spaccate su una vicenda che ha fatto discutere dal principio. A partire dal capo d’imputazione: traffico illecito di rifiuti. Era il 20 novembre 2018, quando la procura guidata da Carmelo Zuccaro rese noti i contorni dell’indagine della guardia di finanza, sottolineando come all’ombra dei salvataggi in mare si fosse sviluppato un sistema illecito di gestione dei rifiuti prodotti a bordo, larga parte dei quali di origine sanitaria e potenzialmente infetti. Gestione di cui avrebbero beneficiato da una parte le Ong, risparmiando sui costi dello smaltimento, dall’altra i soggetti titolati al trattamento dei rifiuti.
Tra questi ultimi, un ruolo di primo piano secondo gli inquirenti lo avrebbe avuto Francesco Gianino. Attivo ad Augusta, l’uomo – difeso dall’avvocata Dina D’Angelo – è titolare della Msa, una società che si occupa di offrire una serie di servizi alle navi. L’agente marittimo fu intercettato dalle Fiamme gialle mentre redarguiva il personale della Aquarius e della Vos Produnce – altra nave coinvolta nell’indagine, seppur in maniera minore – per gli eccessivi scrupoli in merito alle dinamiche con cui venivano prelevati e gestiti i rifiuti. Tra garze, liquami e siringhe. «Il piscio non è di un italiano o di un francese, ma è piscio di gente che può avere malattie infettive. Il rifiuto non è una barzelletta, è una cosa seria», diceva Gianino, senza sapere di essere intercettato. L’uomo sarebbe stato anche l’ideatore della soluzione, secondo cui qualsiasi rifiuto proveniente dalla nave veniva classificato come special garbage (rifiuto speciale) e pagato otto euro al sacco.
All’agente marittimo furono sequestrati circa duecentomila euro, ritenuti profitto del traffico illecito. Attorno alla quantificazione della somma, tuttavia, si è aperta una battaglia tra l’accusa e la difesa che ancora è aperta: dopo che il Riesame aveva annullato il provvedimento facendo cadere anche l’ipotesi di un’organizzazione a monte dell’attività illecita, la Cassazione aveva a sua volta stoppato la decisione, rimettendo a un nuovo pronunciamento del tribunale la decisione sul sequestro. La partita così è ripresa con un nuovo dissequestro del Riesame e un nuovo ricorso in Cassazione da parte della procura etnea. L’insorgenza dell’epidemia di Covid-19 ha poi rallentato la disputa, portando i magistrati di piazza Verga a chiedere il rinvio a giudizio. L’udienza preliminare prenderà il via alle 11, ma potrebbe durare poco: stando a quanto risulta a MeridioNews, ci sarebbero stati alcuni difetti di notifica nei confronti di imputati stranieri che potrebbero portare a un immediato rinvio del processo.
L’indagine sui rifiuti rappresenta l’epilogo di un lavoro investigativo che in origine ipotizzava ben altri affari a bordo delle navi. Come rivelato da MeridioNews a febbraio dello scorso anno, i primi passi dell’inchiesta furono compiuti seguendo la pista del contrabbando. Da un’intercettazione tra Gianino e un imprenditore siracusano era venuto fuori il nome dell’armatore maltese Paul Attard, già coinvolto in un maxi-sequestro di droga nel Mediterraneo e per questo a processo, sempre a Catania, con tanto di giallo. La scorsa estate, infatti, Attard è stato al centro di un arresto lampo a cui seguì la scarcerazione, a causa di un errore grossolano nel mandato di cattura emesso dal tribunale etneo. L’ipotesi, tuttavia, di un rapporto tra il maltese e le ong non ha mai trovato raffronti nelle indagini, da cui invece sarebbero emersi gli illeciti in materia di rifiuti.