Chill Food, l’indagine su bambini e alimentazione «Il buon cibo è la strada per recuperare relazioni»

Ripartire dai bambini per tornare a vedere il cibo non più solo come una merce, ma come un valore. Questo il fulcro dell’indagine Chill Food, promossa dalla Global Experts Foundations, fondazione con sede nei Paesi Bassi che da anni è impegnata in iniziative a favore della sostenibilità, della salute e del benessere. Lo studio, che è stato presentato questo pomeriggio, ha visto la partecipazione di numerosi esperti tra i quali Piercarlo Grimaldi, già rettore dell’Università degli studi di Scienze gastronomiche di Pollenzo (Cuneo), Marco Lucchini, tra i fondatori di Banco Alimentare, i nutrizionisti Laura Rossi e Andrea Pezzana, il cuoco Fabio Picchi, la giornalista Cinzia Scaffidi e gli imprenditori agricoli Daniele Fedeli e Andrea Valenziani.

«La ricerca si è basata sul ruolo svolto dal cibo nell’ottica della sostenibilità e della trasmissione dei saperi – commenta Grimaldi – Se abbiamo individuato il nostro interesse nei giovani è perché saranno loro a narrare i saperi orali che si sviluppano attorno al cibo. E magari a educare noi che non siamo stati così bravi nella valorizzazione di queste tradizioni». La ricerca ha avuto nell’Italia l’oggetto dello studio, ma i risultati puntano a fornire una chiave di lettura utile a qualsiasi latitudine. «Il punto da cui sono partito – spiega Marco Lucchini, tra i fondatori dell’associazione che da anni lotta contro gli sprechi alimentari – è quello che vede nel cibo un dono. Come tale non può essere buttato, bisogna fare di tutto per salvarlo. Bisogna aiutare i bambini a fare l’esperienza del cibo come dono, riscoprendo in esso l’atto affettivo che contiene».

Cibarsi non significa soltanto introdurre nel proprio corpo degli alimenti, è molto di più. Spesso il cibo rappresenta lo strumento per entrare in relazione con gli altri. A casa e non solo. Tuttavia, le statistiche dicono che il tempo che oggi si concede alla preparazione dei cibi è drasticamente ridotto rispetto al passato: nel Dopoguerra, nell’arco di una giornata, erano 150 i minuti che mediamente si dedicavano, oggi non si va oltre i dodici minuti. A risentirne, chiaramente, è anche e soprattutto la qualità. «Nella nostra indagine abbiamo introdotto la categoria della qualità semplice – siega Cinzia Scaffidi – Questo perché per definire un cibo buono non per forza deve essere costoso, ma può anche basarsi su ingredienti di base semplici e salutari. Inoltre – continua Scaffidi – facendo in modo che i bambini tutti i giorni possano accedere al cibo semplice e di qualità che potranno imparare ad allontanarsi da quello scadente».

Creare le condizioni affinché i bambini possano tornare ad avere esperienze dirette con il buon cibo significa anche dare loro la possibilità di riavvicinarsi alla natura. Contesti che la vita di città non offre. «Ho una bimba di tre anni e passeggiando con me per i campi ha scoperto le more – racconta Andrea Valenziani, imprenditore agricolo di Rete in Campagna – Non solo ha imparato quando è giusto raccoglierle, ma ha sviluppato anche un legame affettivo per la pianta che fa sì che oggi ho difficoltà a eliminare i roveti dai miei terreni. Racconto questo aneddoto per sottolineare come le esperienze dirette con la terra riescano a creare, specie nei più piccoli, memorie emozionali che dal cibo si trasferiscono alla natura e ai rapporti con gli altri». 

Valenziani ha presentato il progetto dei campi vacanze didattici, una delle proposte nate nell’ambito dell’indagine Chill Food. «Stiamo creando un’associazione di promozione sociale il cui obiettivo è quello di organizzare attività rivolte ai più piccoli. Momenti quotidiani – spiega – in cui entrare in contatto con la natura e imparare gesti che sono estranei alla vita in città, come l’accensione di un fuoco o la cottura di un cibo direttamente sulla fiamma, ma anche campi vacanze da svolgere in estate. L’idea – prosegue l’imprenditore siciliano – è quella di fare trascorrere una settimana immersi in un contesto nuovo e formativo, aperto anche alle contaminazioni con bambini provenienti dall’estero». L’obiettivo è anche quello di contribuire a ricostruire un immaginario nuovo attorno all’agricoltura. «Oggi è un settore spesso escluso dalla vista delle persone, che spesso diventa luogo di sfruttamento. Ma può e deve tornare a essere momento e luogo d’ispirazione ed è riavvicinando innanzitutto le nuove generazioni ai campi che questo cammino – conclude Valenziani – può essere intrapreso».


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