In sedici pagine, tra richiesta di archiviazione e decreto, è stato confinato l'approfondimento d'indagine nato dalla relazione della commissione regionale su ciò che è accaduto nel maggio di quattro anni fa. Fatti per i quali a oggi non esistono sospettati
Antoci, procura e gip cassano i dubbi dell’Antimafia «Elucubrazioni mentali». Fava: «Indagine leggera»
«Per quanto attiene alle nuove indagini, la relativa prosecuzione resta preclusa dalla totale assenza di spunti investigativi utili». Come dire: se è vero che non si sa chi abbia imbracciato il fucile per sparare all’auto su cui viaggiava Giuseppe Antoci, nessuno aiuto arriva dalle decine di audizioni svolte in commissione regionale Antimafia. A condividere questo pensiero sono tanto il procuratore di Messina Maurizio De Lucia e il pm Fabrizio Monaco quanto la giudice per le indagini preliminari Simona Finocchiaro. In totale – tra richiesta di archiviazione e decreto – sono 16 le pagine che l’autorità giudiziaria ha dedicato all’approfondimento investigativo auspicato dalla commissione presieduta da Claudio Fava, per cercare di illuminare gli angoli bui di ciò che accadde, la notte tra il 17 e il 18 maggio 2016, sulla strada che collega San Fratello a Cesarò.
Che qualche pezzo del puzzle manchi è uno dei pochi assunti che ancora oggi può essere affermato senza timore di smentita: a distanza di quattro anni dai fatti, del resto, non c’è ancora un responsabile e i 14 sospettati di avere attentato alla vita dell’allora presidente del Parco dei Nebrodi sono usciti indenni dall’indagine. Per disposizione, in quel caso, del gip Eugenio Fiorentino e su richiesta degli stessi De Lucia e Monaco. Pensare però che l’archiviazione di oggi non intacchi in alcun modo lo scenario formatosi dopo l’inchiesta dell’Antimafia regionale sarebbe da ingenui. Tutt’altro. Sono diversi i passaggi in cui la gip, accogliendo in pieno le riflessioni dei magistrati, cassa i dubbi sollevati dai deputati guidati da Fava.
Tra atti «privi di significativa rilevanza», come sono stati definiti i verbali delle audizioni dei giornalisti ascoltati dalla commissione, alle opinioni di «asseriti esperti di criminalità organizzata locale», nel caso delle audizioni degli ex dirigenti del commissariato di polizia di Barcellona Pozzo di Gotto Mario Ceraolo e dell’ex maresciallo dei carabinieri di Cesarò Giuseppe Lo Porto, nelle cinquanta pagine di relazione inoltrata da Fava alla procura di Messina di spunti davvero interessanti ce ne sarebbero pochi.
L’assunto attraversa un po’ tutti i nodi della vicenda Antoci. Dalle divergenze nelle testimonianze raccolte da pm e commissione su ciò che accade fuori dal ristorante Mazzurco di Cesarò – dove Antoci cenò con il sindaco di Cesarò Salvatore Calì e il dirigente di polizia Daniele Manganaro, poche ore prima che quest’ultimo intervenisse per salvare il presidente del Parco – alla procedure di sicurezza adottate dalla scorta negli attimi concitati degli spari e poi nei minuti successivi; dal mancato ritrovamento dei bossoli sul luogo dell’agguato al mancato confronto davanti ai pm tra Ceraolo e Manganaro, fino alle presunte contraddizioni che avrebbero contraddistinto la ricostruzione a caldo e a freddo di Tiziano Granata, uno dei due uomini della scorta poi deceduti per cause che i medici legali hanno definito naturali. «La commissione ha ravvisato ed esaltato talune circostanze miranti verso due soluzioni che appaiono aprioristiche, se non preconcette», è la valutazione che fa la procura di Messina in merito a due delle ipotesi messe in campo dalla commissione Antimafia. Ovvero non solo che dietro l’attentato ad Antoci possa non esserci la mafia ma che tutto possa essere stata una messinscena, all’insaputa dello stesso ex presidente del Parco.
In poche più pagine, la posizione della procura messinese è stata condivisa dalla gip Finocchiaro. «Sebbene le indagini non abbiano consentito di risalire agli autori dell’attentato, alle sue modalità e al movente, la conclusione raggiunta dalla Commissione appare preconcetta e comunque non supportata da alcun dato probatorio – si legge nel decreto di archiviazione -. Eventuali illazioni sul coinvolgimento di Antoci o degli uomini della sua scorta appaiono pure elucubrazioni mentali».
Parole pesanti che hanno suscitato una ferma presa di posizione da parte di Fava. «Proprio il giorno della mia audizione a Roma la procura di Messina fa sapere, e il gip ribadisce, che non ci si sposta di una virgola dalle precedenti conclusioni – si legge in una nota del presidente della commissione -. Il supplemento di indagine compiuto in questi mesi consisterebbe nella lettura della nostra relazione e delle relative audizioni. Punto». Il deputato si è detto «allibito della leggerezza e dalla gravità» di ciò che scrive il gip.