Coronavirus, i consigli della psicoterapeuta #4 Come gestire bene il graduale ritorno alla vita

In tanti si sono interrogati in merito a quale fosse il modo migliore per poter gestire questa nuova fase. Alcuni pazienti hanno esternato ansia e preoccupazione rispetto al ritorno alla vecchia vita. «Quasi quasi mi ero abituato a stare a casa»; «ho un po’ paura di riprendere»; «non so se sono pronto»; «ma io non lo so se riuscirò a reggere i ritmi di prima». Queste, e tante altre, le frasi pronunciate e che albergavano dentro ciascuno prima della fine del lockdown con la tanto agognata conquista di libertà verso cui tendere, un traguardo auspicato ma intriso di perplessità, timori, interrogativi e domande insolute.

Elementi caratterizzanti il graduale ritorno alla vita
Noteremo, verosimilmente, che la delimitazione dentro/fuori segnata dalla porta di casa sarà sempre più labile. Durante la quarantena abbiamo familiarizzato con le emozioni dell’isolamento, da giorno 4 maggio stiamo assaporando il gusto della coesistenza con il Covid-19. In molti, durante il lockdown, hanno fatto i conti con la noia e il vuoto ma hanno goduto di una certa percezione di simil-sicurezza; con la fase 2, viceversa, il vissuto emotivo preponderante potrebbe essere differente. Ciascuno è come se dovesse tentare, talvolta per prove ed errori, di recuperare lucidità e individuare il senso da affibbiare al nuovo decreto, alle nuove direttive. Nell’imminente futuro ci troveremo a essere parte integrante di un contesto sociale più partecipato e, presumibilmente, sarà difficile schivare i contatti diretti. Chi lo sa se faremo incetta di libertà a scapito della percezione di sicurezza.

Sentimenti ed emozioni
Ansia e paura potrebbero continuare a essere sentimenti evergreen. È normale provare ansia al cospetto del solo pensiero del Covid-19; sarebbe preoccupante il contrario. La paura, se da un lato ha la potenza di paralizzarci e farci vivere in uno stato di perpetua allerta, dall’altra è un’importante alleata capace di aiutarci a orientarci e proteggerci. Le emozioni di questa seconda fase richiamano alla mente le peculiarità di alcune psicopatologie, tra cui i disturbi d’ansia, i disturbi da sintomi somatici e la dimensione della costante diffidenza e sospettosità della personalità paranoide. Non sapere se si è sani o malati rende più evanescenti i confortevoli confini tra salute e patologia psichica. Trovandoci in una fase di adattamento non sappiamo ancora se saranno sufficienti, seppur necessari, il distanziamento sociale, le mascherine e il lavaggio delle mani.

Oms: «Non allentare su misure igiene e distanziamento»
Le svariate ricerche internazionali che hanno valutato l’effetto dell’emergenza epidemiologica a livello psicosociale, dipingono il ventaglio di azioni tutelative da adoperare per contrastare il pericolo di sviluppare un disagio psicologico. L’Oms (Organizzazione mondiale della Sanità) rileva la centralità di fattori di protezione quali il mantenere attive le relazioni sociali, di pari passo a uno stile di vita sano. Il direttore generale dell’Oms, Tedros Adhanom Ghebreyesus, ricorda di «non rilassarsi sulle misure di base come lavarsi le mani e mantenere il distanziamento sociale, così come è importante proseguire con il tracciamento dei contatti».

Cosa fare
– Porre in essere un atteggiamento sia proattivo sia cooperativo;
– Essere aggiornati quotidianamente, seppur non in modo eccessivo, basandosi su informazioni reperite tramite fonti attendibili circa gli strumenti di prevenzione;
– Pensare che è normale sentirsi tristi, ansiosi o confusi, preoccupati o adirati;
– Riflettere in merito al fatto che parecchie altre persone in tutte le parti del mondo, stanno esperendo la stessa situazione;
– Pensare che è solo una fase di parziale e graduale riapertura per ripristinare progressivamente le consuetudini che abbiamo perduto in quasi due mesi di lockdown;
 Essere coscienziosi per non vanificare i sacrifici e gli sforzi effettuati finora;
– Cercare di continuare a riflettere, guardandosi dentro, tentando di comprendere meglio chi siamo e, se possibile, lavorare su se stessi tentando di migliorarsi facendo tesoro di questo, seppur difficile e insolito, tempo sospeso.

Dott.ssa Antonietta Germanotta
Psicologa e psicoterapeuta familiare – Psicotraumatologa EMDR
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