In Sicilia tamponi a tappeto, si va verso il modello coreano Ma i laboratori sono già in sofferenza, attese fino a 48 ore

Il governo Musumeci le sta tentando tutte. Va oltre le direttive nazionali. Le anticipa. Accelera, ha fretta. Negli ultimi tre giorni ha visto crescere la curva dei contagi in maniera esponenziale: 282 mercoledì, 340 giovedì, 408 ieri. I ricoverati sono oltre la metà, 210. A Catania su 156 positivi, 105 sono in ospedale. Una percentuale – quasi il 70 per cento – più alta della media nazionale e che neanche i medici sanno spiegarsi. 

L’aggettivo esponenziale per descrivere l’aumento dei contagi in Sicilia non è usato per impressionare. È un termine matematico: in maniera semplicistica significa che due contagiati ne infettano quattro, da quattro si passa a otto, da otto a 16 e così via. Il fisico catanese Paolo Castorina, che col suo gruppo dell’Istituto nazionale di fisica nucleare di Catania monitora da settimane l’andamento del Coronavirus nel mondo, ogni giorno sviluppa, sulla base dei dati statistici dei giorni precedenti, la curva dei positivi. «Per la Sicilia ancora i numeri sono piccoli – spiega a MeridioNews – e per essere pienamente affidabile abbiamo bisogno di numeri più grandi. Ma possiamo dire che da alcuni giorni siamo entrati in una fase che procede esponenzialmente. Certo, fortunatamente non ha la rapidità del caso lombardo». Il dato di ieri – 408 contagi – Castorina lo aveva previsto esattamente. Proseguendo con questo sviluppo, la previsione per oggi è di 484 positivi che potrebbero salire a 570 domenica. «Analisi serie non possono andare a lunga scadenza – sottolinea – noi ovviamente ci auguriamo che la curva rallenti».

Il governo regionale conosce bene questo allarmante scenario di crescita che porterebbe nella prima settimana di aprile a numeri molto più alti. E sta facendo di tutto per rallentarlo. Distanziamento sociale e «sorveglianza attiva massiva» sono le parole d’ordine. Dal primo derivano tutti i divieti, anche più stringenti di quelli applicati a livello nazionale e in Lombardia: come la chiusura dei supermercati la domenica (i cui effetti in realtà sono controversi) e il divieto assoluto di attività motoria. Dalla seconda scaturiscono le ultime decisioni: tamponi a tappeto sugli operatori sanitari e su chi è rientrato in Sicilia a partire dal 14 marzo. Questi ultimi, stando a quanto appreso da MeridioNews, sarebbero circa ottomila persone (quelli tornati negli ultimi 20 giorni sono invece 37mila). Almeno quelle registrate sul portale messo a disposizione della Regione. «Ma sappiamo essere molti di più», ha precisato ieri l’assessore Ruggero Razza invitando tutti ad autodenunciarsi.

Se a questi aggiungiamo medici, infermieri e operatori socio sanitari in trincea, i medici di base, i pediatri e le direzioni strategiche aziendali, il numero di persone da sottoporre a tampone supera abbondantemente i diecimila. Reggerà il sistema? La Regione farà ricorso ai laboratori privati tramite un avviso, ma intanto, già adesso, i pochi laboratori di analisi attivi – nove sparsi in tutta l’isola, secondo quanto riferiscono dall’assessorato alla Salute – sono in grande sofferenza. «Al momento – spiega un medico in prima linea nell’emergenza – per fare mille tamponi servono almeno cinque giorni». I tempi di attesa per avere un risultato variano dalle 24 alle 48 ore. «Nei due Policlinici di Catania e di Palermo c’è già un imbuto perché se il primo tampone può essere effettuato nei laboratori sul territorio, la validazione al secondo tampone deve essere eseguita solo nei due centri di riferimento», precisa il medico.

Questo è uno dei motivi per cui finora i tamponi non sono stati fatti a chi non manifestava sintomi. Neanche davanti alla certezza di contatti diretti con contagiati. Una politica dettata forse più dalla necessità che dalle evidenze scientifiche. Adesso si cambia: tamponi estesi. Ieri lo ha deciso la Sicilia, in anticipo rispetto al governo nazionale che si prepara a fare altrettanto. «Fare tamponi a tappeto è cruciale – riflette il fisico Castorina – sono tornate 37mila persone dal Nord. Se solo il 20 per cento fosse positivo ma asintomatico significa che c’è in giro un’importante popolazione che può diffondere il contagio».

Se il governo regionale con questa mossa vuole rassicurare il personale sanitario, falcidiato anche nell’Isola dal virus, chi questa forza la deve organizzare e dirigere non nasconde qualche preoccupazione. «A Vo’ Euganeo – riflette un altro medico in prima linea parlando con MeridioNews – tutto il paese è stato sottoposto a tampone e tra il 50 e il 75 per cento è risultato positivo asintomatico. Ed è stato giustamente messo in quarantena. Quanti medici e infermieri dovremo fermare noi? Come andranno avanti gli ospedali se non abbiamo un ricambio?». Uno scenario duro, ma realistico. «Qualunque azione ha una reazione contraria – continua – riduciamo il rischio contagio ma rischiamo di chiudere interi reparti e così i pazienti morirebbero di altro». Altro nodo è che non si sa quanto tempo il virus alberghi in un individuo portatore asintomatico, che quindi resterebbe in isolamento per un periodo indefinito. Fino a quando un altro tampone ne dimostri la guarigione.

La strada però è segnata e segue il modello adottato in Corea del Sud dove sono riusciti a contenere il virus allargando i tamponi a tutti quelli che hanno avuto contatti con i contagiati. Come li hanno scoperti? Seguendoli, tracciando i movimenti dei positivi. Esattamente quello che nell’ordinanza di ieri sera lascia presagire come prossimo obiettivo anche Musumeci. La Regione – si legge – ritiene «necessario realizzare un sistema di raccolta di informazioni, anche mediante la successiva individuazione di tecnologie geo-localizzate per il tracciamento dei contatti dei contagiati, mediante l’utilizzo di apposite web app e app in grado di riportare quotidianamente eventuali sintomi e la propria posizione».

Se ne parla anche a livello nazionale. Alcuni esperti lo ritengono il miglior approccio soprattutto nelle Regioni del Sud per evitare lo scenario lombardo. E oggi Walter Ricciardi, membro dell’esecutivo dell’Organizzazione mondiale della Sanità e consulente del ministero della Salute, lo dice chiaramente a Repubblica: «Ci troviamo di fronte a un problema molto importante in fatto di privacy e andrà studiato con grande accuratezza. Ma bisogna capire che ci troviamo di fronte a una situazione di estrema gravità».


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