Questo pomeriggio, prima dell'inizio dei lavori a Sala d'Ercole, i 20 deputati del Movimento 5 stelle si riuniranno per un confronto che, alla luce delle tante frizioni emerse negli scorsi giorni, appare non più rinviabile
M5S, è il giorno della resa dei conti in Assemblea Ma nessuno è disposto a passare per dissidente
L’attesa resa dei conti è finalmente arrivata. Dopo mesi di frizioni celate e settimane di scontri più o meno resi noti, questo pomeriggio, prima dell’inizio dei lavori a Sala d’Ercole, i deputati del Movimento 5 stelle all’Ars si riuniranno per un confronto che non appare più rinviabile. «Difficile – commentano in molti tra i corridoi del Palazzo – che la legislatura si possa chiudere col gruppo composto ancora da 20 deputati». Ma il tema – o almeno uno dei temi – è proprio quello: chi deve essere considerato ancora un pentastellato? E chi sarà definito un dissidente?
Su questo, lo scontro fratricida in casa cinquestelle è tutt’altro che chiuso. Da una parte il gruppo che fa capo alla vicepresidente dell’Assemblea Angela Foti. Dall’altro, i deputati che seguono Francesco Cappello, a cui quella stessa poltrona era stata assicurata, ma che con un colpo di mano gli è stata soffiata da sotto il naso, tra Natale e Capodanno.
Le frizioni già allora erano piuttosto visibili, ma la frattura definitiva sembra essersi consumata sull’esercizio provvisorio, dapprima con l’approvazione dell’emendamento soppressivo all’articolo 1, che dava l’impianto alla norma, e poi il giorno successivo con la firma dei deputati pentastellati presenti in Aula che hanno scelto di astenersi: Angela Foti, Valentina Palmeri, Sergio Tancredi, Matteo Mangiacavallo ed Elena Pagana. Insieme a loro, anche il «pontiere» Giampiero Trizzino, che prova a gettare acqua sul fuoco e spera ancora di tenere unito il gruppo.
I più ottimisti disegnano uno scenario per cui almeno tre deputati, Foti, Tancredi e Palmeri, sarebbero disposti a rompere per fondare il nuovo gruppo, del quale non è da escludere potrebbero fare parte altri fedelissimi. Ma dato che le divisioni sarebbero da derubricare a questioni legate alle dinamiche d’Aula (anche se su questo punto serpeggia il fondato sospetto che dietro ci sia anche un occhio puntato alle Regionali del 2022 e alla rivalità sempre più accesa tra i due eurodeputati Ignazio Corrao e Dino Giarrusso), ecco che si torna al punto uno: chi è dissidente da chi? Qual è la linea ufficiale del Movimento rispetto – ad esempio – al voto sull’esercizio provvisorio? Cosa deve prevalere in Aula? L’opposizione al governo Musumeci o la responsabilità nel non lasciare i lavoratori senza stipendio?
Dubbi su cui, evidentemente, sarà complicato trovare una linea comune. Così come decidere, nel caso di una separazione che appare sempre più probabile, chi resterà nel gruppo del Movimento e chi, invece, continuerà il suo percorso altrove. Magari in un nuovo gruppo parlamentare «indipendente», ma che faccia pur sempre capo al partito fondato da Grillo e Casaleggio.