I panni tanto sporchi del Movimento 5 stelle in Sicilia Trizzino: «Foti e Tancredi? Si può ricucire il rapporto»

Nulla che con un buon detersivo e un’abbondante dose di ammorbidente non possa essere trattato. La crisi interna al Movimento 5 stelle in Sicilia, culminata nelle pesanti dichiarazioni rilasciate dai deputati Angela Foti e Sergio Tancredi dopo il voto sull’esercizio provvisorio della settimana scorsa all’Ars, potrà essere ricucita a patto che i panni vengano lavati a Palazzo dei Normanni. Magari al chiuso delle stanze e con l’auspicio che – come invece da molto tempo a questa parte accade – ciò che verrà detto non venga spifferato fuori. Di tutto ciò è convinto Giampiero Trizzino, che dopo essere diventato facilitatore nazionale del Movimento pare avere assunto anche il ruolo di mediatore tra le parti.

Trizzino, sarà facile fare da pontiere? La crepa all’interno del gruppo sembra profonda.
«Non possiamo negare che il gruppo stia vivendo un momento molto particolare. Ci sono due sensibilità diverse che si sono formate negli ultimi tempi. Ad oggi, però, non mi sento di dire che ci sia una spaccatura. Anche perché, se così fosse, esisterebbero due gruppi diversi all’Ars e invece siamo tutti nello stesso».

Mettiamola così: si sta come separati in casa, che vivono sotto lo stesso tetto ma dormono in stanze diverse.
«No, no. Direi che la stanza è ancora la stessa. Mettendo da parte le metafore, credo che tutto possa essere chiarito già nel corso delle prossime riunioni. Senza strascichi per il futuro». 

A leggere però ciò che dicono i suoi colleghi, le cose sembrano un po’ più complicate. Foti e Tancredi vi hanno accusato di voler fare opposizione per partito preso.
«Guardi, a me non ha mai fatto paura collaborare con le altre forze politiche. Nella passata legislatura ho portato avanti leggi insieme al Pd e di certo senza provare vergogna. In questo caso le cose però erano un po’ diverse». 

Cioè?
«Beh, innanzitutto in ballo non c’era una riforma, anche perché di riforme importanti in Aula ancora non se ne sono viste. All’ordine del giorno c’era uno strumento, l’esercizio provvisorio, che è una norma tecnica necessaria per l’incapacità del governo di riuscire a far passare per tempo la finanziaria. Insomma, su questo genere di atti la prassi politica vuole che la maggioranza cerchi i voti al proprio interno. Se no si diventa stampella e noi non possiamo esserlo».

Tuttavia anche lei, come Foti e Tancredi, si è astenuto al momento del voto.
«No, ho votato contro. Il voto non è stato registrato elettronicamente».

Ma lei che idea si è fatto di queste sfuriate? Ci crede alla possibilità che qualcuno decida di cambiare partito?
«Conosco Angela e Sergio da sette anni. Sono due che si sono sempre impegnati al massimo, sono icone del Movimento in Sicilia. Mi sembra difficile possano decidere di andare da altre parti. Poi è evidente che ci siano malumori, forse per un desiderio di maggiore dialogo ma nulla di insanabile».

Il fatto di essere arrivati al secondo mandato può avere influito sulla nascita di queste tensioni? Magari qualcuno inizia a guardarsi attorno.
«Abbiamo fatto centinaia di comizi ribadendo che dopo due mandati elettorali si va a casa, che le poltrone non ci interessano. Penso che nessun deputato del M5s, oggi, dovrebbe immaginare di proporre la revoca del vincolo del secondo mandato». 

Eppure Tancredi ha già detto che non esclude di ricandidarsi.
«Allora diciamo che io mai mi farò promotore della rimozione di questo vincolo».

Che ne pensa della lettura che alcuni hanno dato al voto sui facilitatori regionali? Ha vinto la corrente di Dino Giarrusso?
«Io a questi discorsi sulle correnti, specialmente nel contesto dei voti sulla piattaforma Rousseau, non ci ho mai creduto. Il voto lì è molto fluido. Per il resto sono stato contento nel vedere che i facilitatori scelti non siano solo portavoce, ma comprendano anche un ex sindaco e una consigliera comunale. Mi sembra una buona base di partenza».

C’è chi sostiene che il passo verso Roma di Cancelleri abbia influito nella perdita di stabilità del gruppo all’Ars.
«Le questioni che si sono aperte potevano sorgere anche in sua presenza. E comunque il fatto che oggi lui lavori con il governo nazionale non lo rende assente. Con Giancarlo ci sentiamo spesso e sulle questioni importanti ci si confronta».

Che ne pensa del passo indietro di Di Maio? Possiamo certificare che l’esperimento del capo politico sia fallito?
«Quando un leader lascia è sempre una piccola rivoluzione. Sono state fatte critiche sulla struttura verticistica che ha guidato il Movimento, è vero. Io ho sempre pensato che con i facilitatori quelle competenze sarebbero state redistribuite. E vorrei sottolineare che Di Maio si è dimesso subito dopo avere completato la definizione dei facilitatori su tutto il territorio nazionale. Possiamo leggerlo come la conclusione di un percorso».

Chi guiderà il Movimento nel prossimo futuro?
«Ci sono gli Stati generali a marzo. Aspettiamo quella data e vedremo».


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